
Viaggio nelle città del jazz. Intervista a Federico Gerini e Nicola Perfetti
Il pianista Federico Gerini e il chitarrista Nicola Perfetti sono gli ideatori di “Viaggio nelle città del jazz”, un progetto di esplorazione e ricerca in quei luoghi d’Italia in cui il jazz ha trovato fertile terreno di espressione. Il progetto è finalizzato alla realizzazione di un format video tra documentario di viaggio e reportage giornalistico in 8 puntate da proporre a LaEffe TV. I due artisti si recheranno a Genova, Torino, Bologna, Roma, Siena, Perugia, Napoli per visitare i luoghi del jazz, incontrare musicisti e altri operatori del settore. Per finanziare il progetto è stata lanciata una campagna su MusicRaiser che se volete potete sostenere. Come? A questo link tutti i dettagli!

Abbiamo incontrato Federico Gerini e Nicola Perfetti che così ci hanno raccontato “Viaggio nelle città del jazz”.
Paola Parri: Viaggio nelle città del jazz è il nome del progetto che avete ideato e che siete in procinto di realizzare. Chi sono i viaggiatori e dove sono diretti?
Federico Gerini: I viaggiatori siamo proprio noi due (… per la prima volta, non da musicisti, davanti ad una telecamera!) e poi tutti coloro che non compariranno direttamente in video ma il cui lavoro sarà fondamentale, vale a dire regista, fotografo e tecnici audio. Vorremmo però condividere il viaggio con tutti i nostri amici, sostenitori e appassionati che speriamo possano goderselo comodamente a casa di fronte ad un computer o al televisore e che abbiamo già reso partecipi delle fasi preparatorie tramite i nostri profili facebook e il sito di crowdfunding Musicraiser.
La prima tappa sarà Genova, città con una lunga, articolata e prestigiosa storia musicale in ambito jazzistico. È una città a cui siamo legati per motivi professionali e artistici, conosciamo tra l’altro molti musicisti della scena jazz locale, con i quali abbiamo suonato negli anni e registrato anche il nostro primo disco, “La forma dei ricordi”. È una città che personalmente non conosco molto bene, ma che mi affascina molto e che ho gran voglia di scoprire…
Per quanto riguarda le tappe successive abbiamo scelto alcune fra le più belle città italiane, storicamente importanti per lo sviluppo del jazz in Italia: Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli e… la mia amatissima Siena, città che adoro e nella quale ho passato giorni bellissimi durante i famosi corsi estivi di Siena jazz alla Fortezza Medicea.
P.P.: Come siete arrivati a identificare le “città del jazz”?
Nicola Perfetti: La lista in un certo senso si compila da sola: è chiaro che la scena musicale in alcune città d’Italia è più rilevante che in altre, vuoi perché c’è un festival annuale prestigioso o una scuola importante o i locali in cui si suona il miglior jazz. Naturalmente però questa è solo la prima lista, speriamo di poter fare tanti altri viaggi come questo, magari in altre città che ci segnaleranno tutte le persone che vedranno i nostri video e decideranno di partecipare.
P.P.: Qual è il rapporto che in generale l’Italia dal vostro punto di vista ha creato con il jazz? Sappiamo che culturalmente siamo molto distanti, in che modo l’Italia ha fatto suo questo linguaggio musicale e la sua anima?
F.G.: L’Italia ha prodotto grande musica jazz e formato musicisti straordinari di livello mondiale. Fin dagli anni Venti del Novecento, e Genova ne è una testimonianza. Questa musica ha attecchito molto bene in territorio italiano, tramite ovviamente la diffusione dei dischi, le tournee italiane dei jazzisti americani da una parte e la formazione di grandi orchestre tutte italiane dedicate proprio al repertorio afroamericano cosiddetto “sincopato” o “da ballo” dall’altra. Se consideriamo il jazz nella sua accezione più ampia, come una sorta di “porta” attraverso la quale le radici del linguaggio jazzistico, quindi il blues, gli stilemi ritmici africani, l’armonia europea, trasmigrano e si contaminano con elementi di altre civiltà musicali, sia colte che popolari, europee e orientali, allora riusciamo a scorgere anche quell’identità spesso definita genericamente “mediterranea” del jazz prodotto a casa nostra. In ultima istanza credo che il jazz, per la centralità che vi ha l’elemento improvvisativo, sia, nelle sue valenze sociali e relazionali oltre che espressive, una musica “universale” e come tale trovi necessariamente sostenitori e praticanti ad ogni latitudine. Per tornare al nostro paese, aggiungerei che sicuramente alcuni dei nostri festival jazz sono fra i più celebri al mondo ed è ormai assodato che anche in campo didattico la nostra penisola si distingua da anni per la qualità della sua offerta, penso oltre ai corsi di Siena Jazz anche a quelli di Umbria Jazz, solo per citarne alcuni.
P.P.: Ogni viaggio è in fondo un percorso di ricerca. Cosa cercherete nelle città del jazz? È una ricerca esclusivamente musicale o c’è qualcosa di diverso?
N.P.: Quando inizialmente si discuteva su come declinare l’idea del viaggio, la serie di documentari “Les Carnets de route” (“America tra le righe” nella traduzione italiana) di Francois Busnel è stato un punto di riferimento decisivo. Busnel percorre un viaggio negli Stati Uniti andando ad incontrare i vari scrittori americani nelle città dove vivono e lavorano. Durante gli spostamenti ne approfitta per raccontarci, tramite le immagini e le parole di una voce fuori campo, qualcosa di quei luoghi e della loro storia. E una volta arrivato si intrattiene con ogni scrittore in lunghe chiacchierate che spesso vanno aldilà della letteratura e toccano vari temi della vita quotidiana, o ancora lo stato di salute del paese o il ruolo della cultura e dell’informazione.
Abbiamo deciso di mantenere un approccio simile, viaggiando in Italia anziché in USA e parlando di musica anziché di letteratura. Da qui le tre parole chiave presenti nel titolo del progetto (viaggio–città–jazz): è sicuramente un percorso alla ricerca del jazz ma è anche un modo di raccontare le città in cui andremo, di osservare le abitudini di chi ci vive o le architetture delle piazze o di certe strade, e di capire come tutte le specificità di ogni luogo si siano nel corso del tempo tradotte in una particolare inclinazione musicale. Perché lo stesso spartito letto in un caruggio di Genova “suona” diverso se viene letto in piazza Santo Stefano a Bologna. Cercheremo di raccontare tutto questo con l’ottica del viaggiatore, che parte da casa avendo studiato le mappe ma è pronto a cambiare direzione una volta giunto sul posto.
FG: L’idea di partenza del nostro progetto è quella di provare ad unire la dimensione del viaggio, la poesia del documentario on the road, con pillole di divulgazione musicale, mantenendo al centro la musica, ripresa nei locali o per strada oppure come fonte extradiegetica (la colonna sonora, di cui siamo autori) e gli incontri con i musicisti, cercando nel contempo di mantenere un tono informale e un montaggio agile.
Quello che vogliamo cercare nelle città è la loro identità musicale, la spezia particolare e inconfondibile che ognuna ha aggiunto al piatto principale del jazz. Capire come e quando si è sviluppata questa musica in ciascuna di esse, e soprattutto come lo si vive e si pratica oggi, unendo le testimonianze, i ricordi, le opinioni dei vecchi illustri protagonisti con le sensazioni e il desiderio di vivere la musica che animano gli studenti e i giovani musicisti.
Per noi e’ certamente una ricerca musicale, che parte dal nostro essere musicisti, oltre che appassionati di cinema e di letture, ma che va oltre, chissà quanto e chissà come, investendo temi quali l’identità di una città e di una comunità dal punto di vista culturale e sociale-economico. Ci intriga quella consistente porzione di ignoto alla quale si va incontro in un progetto del genere.

P.P.: La colonna sonora del vostro viaggio sarà la vostra musica, quella di “La forma dei ricordi”, edito da Dodicilune. Quello con Nicola Perfetti è dunque un sodalizio artistico quindi che precede l’idea stessa di Viaggio nelle città del jazz . Come e quando vi siete incontrati?
F.G.: Io e Nicola ci siamo incontrati nel 2002 e subito, per quanto mi riguarda, è scattata la sintonia musicale. Ci si intende e si comunica senza parole, è sempre stato “semplicemente“ un piacere suonare con lui… Il tema del viaggio è centrale nell’ispirazione e nel sostrato emotivo dei brani che compongono il nostro primo disco a quattro mani, “La forma dei ricordi”, uscito per Dodicilune nel 2013 e inciso in quintetto con alcuni grandi musicisti, neanche a dirlo, della scena jazzistica ligure, Stefano Guazzo ai sassofoni, Massimiliano Rolff al contrabbasso e Massimiliano Furia alla batteria e magistralmente registrato da Raffale Abbate di Orange Home Records, un accogliente studio sulle colline di Chiavari. Spesso la nostra musica inoltre viene definita cinematica o comunque molto adatta ad accompagnare immagini, e visto che anche noi ne percepiamo questa natura, abbiamo pensato che impiegarla come colonna sonora fosse un’ottima collocazione.
N.P.: Anni fa ho telefonato per la prima volta a Federico per proporgli di suonare in trio chitarra-pianoforte-clarinetto i brani di Django Reinhardt durante una conferenza-concerto su Django che abbiamo tenuto nella nostra città, Massa. Da lì abbiamo continuato a collaborare in varie occasioni, muovendoci perlopiù per “progetti”: lavoriamo cioè su un’idea di partenza e cerchiamo di realizzarla concretamente dall’inizio alla fine. Il che implica ovviamente scegliere accordi e scale, ma anche gestire gli aspetti organizzativi, lavorare su testi e immagini, capire come comunicare quello che abbiamo in mente. Nel nostro caso tutte queste cose, che spesso rovinano i rapporti tra i musicisti, sono sempre venute senza difficoltà, forse grazie a certe affinità caratteriali, ma penso sopratutto perché condividiamo un approccio comune verso la “professione-musica”. Che si tratti di mettere in scena una pièce teatrale tratta da Simenon o di organizzare un festival dixieland.
P.P.: Avete dei riferimenti musicali comuni? Qualcuno che vi ispira in maniera particolare?
F.G.: Abbiamo entrambi riferimenti musicali molto disparati ma anche abbastanza diversi l’uno dall’altro. Sicuramente una fonte di ispirazione comune per il nostro disco, soprattuto per il suono, è stato il meraviglioso album di Bebo Ferra e Rita Marcotulli, “Luar”, edito da Egea. E poi ci piacciono i film dei Fratelli Coen e la città di New York…
N.P.: su New York la discussione è ancora aperta .. io continuo a preferire Parigi! In realtà abbiamo effettivamente ascolti e background molto differenti, anche se spesso troviamo dei punti di contatto: oltre a “Luar” citerei anche “Songs we know” di Fred Hersch e Bill Frisell, che abbiamo ammirato (e studiato) per l’interplay tra chitarra e pianoforte, i nostri due strumenti, così difficili da mettere d’accordo. Andiamo anche a vedere concerti insieme: ricordo Richard Galliano con Gonzalo Rubalcaba oppure ultimamente Tim Berne. Però quando Federico mi invita a vedere la tribute band dei Genesis io non vado perché proprio non mi interessa … e d’altronde io Mark Lanegan nemmeno glielo propongo!
P.P.: Rispetto a Viaggio nelle città del jazz quali sono le vostre aspettative, la finalità ultima per cui intraprenderete questo viaggio?
F.G.: Aspiriamo a fare un buon prodotto, godibile e interessante. Dal punto di vista tecnico chiaramente non abbiamo a disposizione grandi mezzi. Per questo abbiamo promosso una campagna di finanziamento online. Nonostante questo ci piacerebbe poter proporre la puntata pilota a qualche canale tematico ad esempio LaEffe Tv o simili. Ma, al principio e alla fine di tutto, quello che ci spinge è la passione e la voglia di divertirci, sperimentando un progetto del tutto nuovo e mettendoci alla prova in un contesto inusuale.
In fondo… ricorrendo alle parole del grande genovese Fabrizio De Andrè…. l’unica ragione di un Viaggio è…Viaggiare!