
Il Village Vanguard di New York non è solo uno dei jazz club più noti al mondo, è piuttosto un luogo sacro, una sorta di tempio dove negli anni a calcarne il palcoscenico sono stati i più grandi musicisti jazz mai esistiti. L’elenco sarebbe lungo e forse anche noioso, ma una cosa è certa, ognuno di loro ha lasciato in questo luogo il sapore inconfondibile di un’esperienza musicale straordinaria, ha contribuito a forgiarne l’atmosfera. Grazie al genio illuminato del suo fondatore, Max Gordon, che intuì la preziosità della registrazione live, forse l’unica in grado di catturare quella che è la caratteristica primaria del jazz, il suo farsi nel qui e nell’ora e nell’irripetibilità di ogni jam, moltissime celebri registrazioni che oggi celebriamo come grammatica e sintassi fondamentali di questo linguaggio, hanno visto la luce proprio tra le pareti del Village Vanguard.
E allora ci entriamo di nuovo volentieri da quella porta rossa, questa volta ad ascoltare il pianista e compositore Enrico Pieranunzi con una line up stellare formata da Diego Urcola (tromba e trombone), Seamus Blake (sax tenore), Ben Street (contrabbasso) e Adam Cruz (batteria). La registrazione del live, pubblicata da Cam Jazz, risale al 2016 e si intitola The Extra Something.
Non è la prima volta che Enrico Pieranunzi suona e registra al Village Vanguard di New York, infatti due precedenti registrazioni lo confermano, e il disco è dedicato proprio a Lorraine Gordon, che per prima invitò il pianista a suonare in questo spazio che fino a un certo punto sembrava quasi interdetto agli artisti europei.
The Extra Something è quel “qualcosa in più” che non fatichiamo a riconoscere ascoltando l’album, le cui sette tracce sono tutte opera della creatività e della sapiente abilità compositiva di Enrico Pieranunzi. È un “qualcosa in più” proprio l’atmosfera del live che si respira sin dalla prima traccia dell’album, Blue Afternoon, che ci catapulta in una dimensione musicale dove a farla da padrone è un groove intensamente dinamico, un fraseggio le cui cellule melodico-ritmiche sono parte vitale di un periodo di senso compiuto e rispondono a strutture narrative ben strutturate, in linea con la completa padronanza della forma che Pieranunzi possiede. E ancora, quel “qualcosa in più” è la dimensione collettiva, una coralità, quella che si richiede a un quintetto, che sprizza swing dalla prima all’ultima nota, ma anche sperimentazione, come in Atoms, quella superba eleganza, quel gusto particolare che il pianista ci ha insegnato a riconoscere come sua cifra stilistica peculiare, come in Song for Kenny. Questa musica non può incasellarsi nella rigida definizione di jazz europeo o jazz americano, è inequivocabilmente jazz, è la musica di Enrico Pieranunzi.