
I SOLISTI E I COMPOSITORI
Nella musica Jazz la distinzione tra solista, inteso anche come “improvvisatore”, e compositore, è spesso sfumata, quasi fino ad annullarsi. Analogamente a quanto avvenne nell’evoluzione del linguaggio musicale europeo, in cui inizialmente lo strumentista era anche compositore della musica che suonava (mentre in seguito i ruoli si differenziarono nettamente), anche nel jazz è possibile individuare un percorso nel quale tali ruoli, spesso quasi coincidenti, tendono a differenziarsi e a “specializzarsi”. Abbiamo visto come nel Rag-time la figura del compositore, che era in genere anche l’esecutore della propria musica, fosse essenziale; però, nel Rag-time, la componente di composizione estemporanea, ovvero l’improvvisazione, era praticamente assente. In questo, infatti, il Rag-time era affine alla musica europea. Ma nel Jazz sappiamo che l’elemento compositivo ha spesso una parte limitata, in favore dell’elemento estemporaneo, pur se basato comunque su una traccia preesistente. È possibile, però, individuare, in alcuni musicisti, la prevalenza della tendenza a privilegiare la “scrittura” sull’ “improvvisazione” o viceversa. La storia del jazz ci ha dato grandi solisti (L. Armstrong, B. Beiderbecke, A. Tatum, C. Parker, M. Davis, etc.), musicisti a metà strada tra il solista “puro” e il compositore (J. R. Morton, G. Mulligan, B. Evans, J. Coltrane, D. Brubeck etc.), e altri che hanno orientato la loro carriera soprattutto alla composizione (D. Ellington, B. Strayhorn, C. Mingus, G. Evans etc.).
Bix Beiderbecke (At the Jazz Band Ball)

Come esponenti di questi diversi orientamenti, che sono complementari, e non in opposizione, possiamo senz’altro prendere le figure, quasi leggendarie, di due tra i più importanti musicisti di Jazz della prima metà del ‘900, che ne hanno segnato la storia n maniera determinante: Louis Armstrong e Jelly Roll Morton (in realtà un grande solista, ma anche il primo ad avere una concezione musicale “compositiva”).
IL PRIMO GRANDE SOLISTA
Louis Daniel Armstrong (detto “Satchmo”) nacque a New Orleans nel 1901 e morì a New York nel 1971. Il suo esatto anno di nascita fu rivelato soltanto negli anni ’80 grazie all’esame dei documenti anagrafici; fino a quel momento si credeva che fosse il 1900, in base al vezzo che egli aveva di dichiarare di essere nato in quell’anno, considerandolo simbolicamente più significativo per un uomo che rappresentava così fortemente il nuovo linguaggio musicale del XX secolo.
La sua famiglia, di schiavi, fu abbandonata dal padre quando egli era ancora bambino; la sua infanzia fu caratterizzata da episodi al limite della delinquenza e da varie clausure in riformatorio. Durante uno di questi “soggiorni” però, fortunatamente, imparò a suonare la cornetta nella banda dell’istituto, cominciando così a rivelare il suo esuberante talento musicale. Imparò a leggere la notazione musicale e, pur non essendo in possesso di una tecnica perfetta alla tromba , riuscì a sviluppare un linguaggio e un timbro caratteristici e inconfondibili. Nel 1918 entrò a far parte dell’orchestra di Kid Ory, e, nel 1919, suonò sui battelli che collegavano New Orleans a Saint Louis e Chicago. In quest’ultima città ebbe il suo primo vero ingaggio importante: seconda cornetta dell’orchestra di King Oliver, compagine con la quale cominciò a incidere i primi dischi, e a emergere come solista e come cantante, con quella voce roca e caratteristica che ha purtroppo generato molte infelici imitazioni. Dopo aver lavorato con un’altra delle più importanti orchestre dell’epoca, quella di Fletcher Henderson, fondò gli Hot five (divenuti in seguito Hot seven), gruppi con i quali effettuò un gran numero di incisioni discografiche che testimoniano l’evoluzione e l’innovazione del suo linguaggio e del suo genio.
My pretty girl

Variety stomp

Heebie Jeebies (Hot five)

Dagli anni ’30 in poi, divenuto una vera e propria icona del jazz, rimase un po’ troppo “prigioniero” del suo personaggio, cosa che lo portò a ricalcare frequentemente lo stereotipo di se stesso. Secondo una leggenda (tutto sommato abbastanza verosimile, però), durante una seduta di incisione nella quale non ricordava il testo della canzone che stava registrando, avrebbe inventato il canto scat, cioè quello stile che usano spesso i cantanti jazz per improvvisare, utilizzando sillabe che richiamano il suono di uno strumento a fiato (wa-ba-da-ba etc.). Gli ultimi anni furono segnati da esibizioni non sempre dignitose (basti ricordare la triste partecipazione, in Italia, al Festival di Sanremo del 1968), ma che nulla tolgono alla grandezza di una figura assolutamente unica e rivoluzionaria.
Il linguaggio di Armstrong si distacca nettamente da quello dei suoi predecessori, utilizzando figure ritmiche vivaci e articolate, metricamente imprevedibili e accattivanti, oltre a risorse tecniche personali e innovative che segnarono una evoluzione nell’uso della tromba.
S.O.L. Blues (Hot seven)

IL PRIMO GRANDE COMPOSITORE
Ferdinand Joseph Morton “Jelly Roll” (Gulfport, Louisiana 1885 – Los Angeles 1941), fu un personaggio circondato da un alone di leggenda e ambiguità, che egli alimentava molto volentieri. Creolo di origini francesi ma di paternità incerta, trascorse la sua infanzia con una madrina sedicente fattucchiera vudu. Iniziò ben presto a dedicarsi alla musica, studiando chitarra, trombone e pianoforte. La sua carriera iniziò naturalmente a Storyville, quartiere dove probabilmente non si limitava a lavorare come pianista intrattenitore, considerando che si autodefiniva, riportando queste definizioni sui biglietti da visita, pianista, giocatore d’azzardo, mezzano, “inventore del Jazz”, e il suo soprannome “Jelly Roll” derivava da un’espressione oscena dello slang americano. Anche in questo caso ci sono dubbi sulla data di nascita, che sarebbe il 1890, sul luogo, probabilmente New Orleans, e sul cognome, che sarebbe stato La Menthe.
King Porter Stomp

Ebbe un grande successo col gruppo Red Hot Peppers, da lui fondato nel 1926. Il successo fu soprattutto discografico, dato che il suo carattere rendeva difficile il rapporto con i componenti dell’orchestra. Il suo modo di fare era sprezzante, altezzoso ed egocentrico; amava vestire elegantissimo, con grande sfoggio, e stupire il pubblico (e umiliare i colleghi) suonando Rag-time velocissimi ed estremamente virtuosistici. Tutto questo lo fece odiare dai giocatori (che spesso imbrogliava) e dagli altri musicisti, che detestavano lavorare con lui, in quanto venivano considerati rozzi e inferiori.
Tralasciando questi aspetti pittoreschi, però, siamo in presenza, oltre che di uno dei più grandi virtuosi del pianoforte, di uno dei primi musicisti Jazz ad avere una vera e propria mentalità da compositore: cioè la capacità di organizzare e arrangiare un brano in modo che la sua forma costruttiva non sia lasciata soltanto agli spazi solistici estemporanei, ma a una solida struttura preordinata.
Il suo stile fonde in modo arguto e geniale il Rag-time e il Blues, e in molta sua musica troviamo anche echi di suggestioni latino-americane, decisamente in anticipo sui tempi.
La concezione musicale di Morton implica contrasto e varietà: strumentale, timbrica, di tessitura, cioè di struttura. Fu in realtà il primo teorizzatore che il Jazz abbia avuto, e, se non fosse stato per l’antica e irreparabile ostilità che li separava, avrebbe potuto instaurare anche una proficua collaborazione con l’unico musicista suo contemporaneo che, da questo punto di vista, gli fosse affine: Duke Ellington. Inoltre, esistono molte testimonianze, orali e scritte, nelle quali egli rilascia acute osservazioni su molti suoi colleghi, nelle quali dimostra una perspicacia e una capacità critica che solo un musicista di grande levatura è in grado di avere.
High Society

Negli ultimi anni il suo carattere attaccabrighe, presuntuoso e indisponente e la sua disonestà di fondo lo portarono ad avere sempre meno ingaggi, e lo avviarono a un rapido e inesorabile declino.
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