
Riscoprendo Kabalevsky. Intervista Pietro Bonfilio
È dedicato alla musica per pianoforte di Dmitry Borisovich Kabalevsky il lavoro discografico registrato da Pietro Bonfilio per Brilliant Classics. L’artista toscano, formatosi al Conservatorio “G.Verdi” di Milano e al Royal Conservatory of Scotland e direttore artistico di Morellino Classica Festival, offre uno spaccato della produzione pianistica del compositore russo la cui attività ha attraversato tutto il Novecento. Poco menzionato rispetto ai conterranei Šostakoviç e Prokofiev, di fatto Kabalevsky ha rappresentato uno di perni della cultura musicale russa del Novecento. Come descrive Valerij Vosbonjnikov nelle note al cd “… si tratta di un compositore che per anni veniva nominato nella prima cinquina dopo Sergej Prokof’ev , Dmitrij Šostakoviç, Nikolaj Mjaskovskij e Aram Chačaturjan.”
In questa registrazione Pietro Bonfilio affronta la Sonata n.3 in F op.46 e i 24 Preludi Op.38, due opere molto importanti nell’iter artistico del compositore che rimase sempre fedele al regime e all’idea culturale della creazione di musica popolare come fondamentale mission della propria attività e che si dedicò con passione alla didattica per i giovanissimi pianisti.
A denotare un profondo patriottismo il ciclo dei Preludi si apriva proprio con un’epigrafe da Lermontov, poeta russo molto amato, che recitava: “Se io dovessi approfondire la poesia popolare, non la cercherei che nelle canzoni popolari russe” e di fatto queste canzoni costituiscono la traccia di partenza di ognuno di questi preludi.
Un lavoro che consente a Pietro Bonfilio di esprimere il suo amore per la cultura e la musica russa e al contempo il suo pianismo tecnicamente impeccabile ed espressivo, capace di rendere le due anime di Kabalevsky, ardente nelle parti più ritmicamente percussive, lirico e intenso nei passaggi più delicati.
Una riscoperta di cui abbiamo parlato con Pietro Bonfilio in questa intervista.
Paola Parri: Partiamo dalla sua recente registrazione che è dedicata alla musica di Kabalevsky e che contiene la sua terza Sonata i 24 Preludi, una scelta di repertorio alquanto inusitata. Qual è il motivo del suo interesse per questo compositore?
Pietro Bonfilio: Inizialmente la casa discografica mi ha proposto di fare un cd con un repertorio meno conosciuto. La mia passione principale al di fuori della musica è da sempre la letteratura russa e sono sempre stato affascinato dalla cultura di quell’immenso paese. Sapevo che gran parte della musica scritta in periodo Sovietico rimane ancora in oblio per varie ragioni soprattutto storico-politiche e quindi ho indirizzato le mie ricerche su quel periodo scoprendo Kabalevsky.
P.P.: Kabalevsky si può definire a pieno titolo un compositore del Novecento, essendo nato a inizio secolo e scomparso nel 1987. Quali sono a suo avviso le caratteristiche stilistiche principali della sua scrittura, in particolare riferita alla sua attività legata al pianoforte?
P.B: Pur essendo influenzato dai suoi contemporanei, Kabalevsky è riuscito a trovare una sua impronta personale nella scrittura pianistica, i 24 preludi ne sono un esempio perfetto. Spesso sovrappone armonie maggiore-minore, percussività in contrasto a candido lirismo, colori e contrasti estremi, utilizzo e riproposizione di temi in maniera quasi “cubista”…. Ciò che mi ha colpito principalmente sono la sua ironia e la sua spensieratezza quasi infantile, il suo non prendersi mai troppo sul serio. Una ironia molto diversa da quella di Shostakovic che spesso si trasforma in sarcasmo e in rabbia camuffata.
P.P.: Questo compositore visse e operò in un periodo storico di grandi trasformazioni politiche per la Russia. Quale fu la sua posizione rispetto allo stalinismo, alla linea culturale del tempo?
P.B.: Kabalevsky a differenza dei suoi più celebri connazionali (Prokofev e Shostakovic) non entrò mai in vero contrasto con il regime e rimase sempre fedele alla sua scrittura “realista”, a mio parere non per compromesso ma perché la sua poetica cosi chiara e diretta si allineava ai parametri imposti dal regime. In vita ricoprì anche cariche istituzionali.
P.P.: Musicalmente quali sono, se ce ne sono, le principali influenze subite da Kabalevsky nella sua attività di compositore?
P.B.: Sicuramente il suo maestro Myaskovsky fu una delle sue influenze più importanti, basta ascoltare alcuni brevi brani “Yellowed Pages” per rendersi conto dell’influenza diretta soprattutto nei 24 preludi. Poi sicuramente i due giganti Prokofiev e Shostakovic hanno influenzato lui e tutta una generazione. Credo però che Kabalevsky sia riuscito, al di là delle influenze, a trovare un suo personalissimo stile e poetica ed è per questo che lo considero un grande compositore del 900.
P.P.: Come ha scelto le composizioni da registrare per questa produzione discografica?
P.B.: Inizialmente mi sono imbattuto sulle incisioni che Horowitz fece della Sonata n. 3 e di alcuni preludi e scorrendo il catalogo ho capito che le sue due più importanti, belle e originali composizioni per piano solo fossero i 24 preludi e la sonata.
P.P.: Vuol parlarci brevemente di queste composizioni?
P.B.: La sonata suddivisa classicamente in tre movimenti è un brano molto compatto (15 minuti). Il primo movimento comincia con un tema in fa maggiore di una semplicità e bellezza quasi infantile che si sviluppa e trasforma in qualcosa di molto estremo per poi ritornare alla spensieratezza iniziale. Il secondo movimento è una specie di valzer zoppicante e stanco che evoca a mio parere scene di lavoro nelle fabbriche sovietiche. Il terzo allegro giocoso è un susseguirsi di scene di azione e gioco sempre in un crescendo virtuosistico che porta ad un finale davvero trascinante.
Ogni tema dei 24 preludi è preso da una canzone popolare. L’opera quindi è un omaggio alla Russia. I contrasti sono estremi, i colori e il virtuosismo sono diversi in ognuno di essi. Ogni preludio ha una sua storia o visione chiara e definita. Credo che sia una delle opere più affascinanti del repertorio russo del 900. Composti durante la guerra di ritorno dall’assedio di Leningrado.
P.P.: Qual è stato il suo approccio interpretativo a queste opere?
P.B.: Ho cercato di capire quali fossero i caratteri più peculiari e unici di queste opere cosi da poterli sottolineare e presentare nel modo più chiaro possibile. Dopo mesi di lavoro penso di aver capito la sua poetica e aver fatto mia la sua scrittura pianistica. Ad ogni preludio ho abbinato una immagine ben chiara e definita e ad alcuni ho cercato di affiancare un parallelo pittorico o letterario. Per me l’opera letteraria più vicina ai preludi sono le “Memorie di un cacciatore” di Turgenev, ogni racconto mi ha aiutato a trovare una immagine e quindi il “giusto” suono e direzione ad ogni preludio.
P.P.: Tecnicamente che tipologia di difficoltà presentano?
P.B.: Estremi colori dal ppp a fff. Alcuni richiedono un virtuosismo e una velocità di esecuzione molto elevata. Cantabili nelle parti liriche molto semplici e scarni quindi molto difficili da sostenere e condurre. Percussività estrema.
P.P.: Un’ultima riflessione sull’attività didattico-formativa svolta da Kabalevsky. Sappiamo che dedicò molto del suo lavoro a programmi di educazione musicale. Qual è l’eredità di Kabalevsky oggi?
P.B.: Credo che il suo lascito maggiore sia appunto il suo lavoro dedicato all’infanzia. Un lavoro che lo impegnò per tutta la sua vita, cercando di capire e far capire l’importanza fondamentale della educazione musicale nei bambini. Sia come compositore che come saggista e didatta il suo nome è ancora fondamentale in tutto il mondo.
P.P.: Più in generale vediamo che oggi un numero sempre maggiore di artisti come lei propongono un repertorio meno frequentato. C’è ancora tanta musica del repertorio colto occidentale che possiamo scoprire a suo giudizio e da dove nasce l’esigenza per un pianista classico di operare verso questa “riscoperta”?
P.B.: Credo che le esigenze siano due. La prima riguarda l’enorme quantità di incisioni del grande repertorio “classico” e quindi lo scarso interesse mediatico su incisioni del genere.
Il secondo riguarda invece la grande quantità di musica caduta in oblio per vari motivi (soprattutto nel 900) che credo abbia diritto di essere conosciuta e che può dare l’opportunità ad un pianista giovane di avere più attenzione da parte del pubblico.