
Una residenza artistica presso la OBRAS Foundation in Portogallo nell’estate del 2021 è il punto di partenza di questo lavoro in piano solo del pianista e compositore Stefano Falcone che reca appunto il suggestivo titolo di Obras.
Cos’è il lavoro del compositore se non un articolato e complesso lavoro di progettazione e costruzione di architetture sonore? Ma come sempre l’arte chiede conto del vissuto dell’artista ed è proprio nell’atto creativo che ad affiancare le conoscenze musicali sopraggiungono la sensibilità soggettiva, un bagaglio emotivo che si fa carico del quotidiano e una rielaborazione interiore di paesaggi, incontri, visioni e immaginazione. Il filtro personale consente all’arte di vestire sempre i panni dell’unicità.
Dalla permanenza di Stefano Falcone in Portogallo, da questa esperienza concretamente vissuta e intimamente trasfigurata nascono le nove tracce di Obras (Workin’ Label), affidate alla voce del piano solo. Come ben sappiamo innumerevoli e differenti possono essere i modi di espressione del pianoforte, soprattutto quando lo strumento è solo e può liberamente cantare, trasmettere le onde sonore che dal cuore, dalla testa e infine dalle mani del pianista giungono alla tastiera, si propagano libere.
E sono molteplici le risonanze di queste composizioni in cui non fatichiamo a riconoscere il composito background del compositore, tra istanze del jazz più contemporaneo, reminiscenze classiche, influenze musicali della tradizione lusitana e un imponente lavoro improvvisativo, specie nelle tre composizioni che riprendono il titolo di tutto il lavoro: Obras #1, Obras #2 e Obras #3, esplorazioni sonore che dall’indagine tattile dello strumento traggono viscerali sensazioni emotive.

Limpidezza e nitore sono gli ingredienti di un suono accuratamente cesellato che acquisisce densità espressiva proprio dalla sua delicatezza e che rimanda a una dimensione intima quale unicamente il piano solo riesce a rendere pienamente, in un soliloquio che non è chiusura e corrispondente piuttosto a uno schiudersi di memorie, come nella magnifica Carlud, dedicata agli ospiti portoghesi del pianista, Carolien & Ludger, che apre con una reminiscenza quasi schumanniana, o ancora in quello sguardo posato sul mondo e sul suo destino, sul rapporto tra uomo e natura, su fisicità ed elucubrazione intellettuale che sentiamo vibrare in tracce come Montado o Alentejo.
Questo lavoro in piano solo è come una scatola magica. Da ascoltare aprendo il cuore per ritrovare e ascoltare la nostra voce più vera e affidare a questa musica quella profondità che abbiamo dentro e che troppo spesso il quotidiano con le sue incombenze offusca.