Swing è un sostantivo inglese che significa “oscillazione”, “oscillare”. Apparso per la prima volta nel 1907 nel titolo di una composizione di Jelly Roll Morton “Georgia Swing”, è stato adottato da subito dal linguaggio e dalla letteratura jazz. Sebbene non sia chiaro quale realtà musicale mascherasse allora, è certo che lo swing accompagni il jazz fin dalla sua nascita: un connubio vitale, un legame strettissimo ed imprescindibile.
Per molti lo swing non è un elemento che può essere rappresentato su pentagramma. Esso ha un valore estremamente soggettivo: Hugues Panassié, critico francese di metà secolo scorso, sosteneva che l’orchestra di King Oliver, nel 1923, non swinghi meno, ma in modo diverso, rispetto a quella di Count Basie nel 1938. Uno “swing interiorizzato” che si esprime grazie a stati d’animo, personalità e carattere, cultura musicale.
A questa visione soggettiva se ne contrappone una più oggettiva. Basandosi su delle particolarità ritmiche costanti nel jazz è stato dimostrata l’accentuazione del secondo e del quarto movimento della battuta, un’accentuazione del tempo debole. Per Jean Louis Comolli, invece, “non è l’accentazione del tempo debole a generare lo swing, ma il morbido progredire verso un tempo forte” .
Pareri discordanti, come la sensibilità personali a confronto: uno swing, infatti, apparirà sempre diverso a chi lo ascolta. La sua definizione è apparentemente impossibile.
Riguardo alle mie esperienze personali, alcuni mie maestri hanno cercato di rappresentare graficamente lo swing, di darne una propria definizione e di fornire qualche suggerimento per metterlo in pratica.
Alcuni mi hanno proposto questa struttura ritmica
Altri invece questa
Ad ogni modo, si trovavano tutti concordi nell’accentuare il secondo ed il quarto movimento della battuta: come esercizio, mi hanno proposto più volte di suonare una scala (es. la scala di do maggiore) tenendo il tempo solo sul 2 e sul 4. In effetti, con questo semplice stratagemma, avveniva un cambiamento radicale, creando un rincorrersi delle note ed una continua tensione e dinamicità.
Questa modalità è accademica e arida di sentimenti. Per acquisire il vero swing, a mio parere, è necessario tantissimo ascolto ed una buona dose di imitazione. Soltanto in questo modo sarà possibile dominare lo swing e renderlo come proiezione ed espressione di noi stessi.
Ci sarebbe da dire moltissimo, questo è soltanto un abbozzo utile a chi si avvicina alla sua prima improvvisazione o comunque al mondo del jazz. Spero che grazie ai vostri contributi si arricchirà ancora.
Tutti gli articoli della serie
- Programma di studio per il Piano-jazz
- Le quadriadi – cosa sono, come si formano e come si scrivono? – Armonia Jazz n.1
- I rivolti delle quadriadi – Lezione Jazz n.2
- Accordi sui gradi della scala Lezione jazz n.3
- I primi pezzi jazz – Lezione Jazz n.4
- Le Tensioni - Lezione Jazz n.5
- Gli accordi d’effetto – lezione jazz n. 7
- L’esecuzione di un pezzo Jazz – Lezione n.8
- Giro Blues in fa ed in tutte le tonalità – Lezione jazz n.9
- Accompagnamento con i bicordi - Lezione Jazz n.10
- Blues Patterns – Lezione Jazz n.11
- Lo swing, una definizione impossibile - Lezione di Jazz n.12 (This post)
- Il Walking Bass
- I voicing a 4 voci, accompagnamento per la mano sinistra - Lezione di Jazz n.14
- I modi e l'improvvisazione - Lezione n.15
- Analisi armonica di "I Can't get started" al fine di improvvisare - Lezione Jazz n.16