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Let’s Rock (e pop) al pianoforte!

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A testimoniare la versatilità e l’inesauribile potenziale del pianoforte, oltre alla sua capacità di funzionare bene in qualunque contesto, c’è un intero linguaggio musicale che corrisponde alla costellazione rock-pop dell’universo musicale. Nessuno si stupisce se il pianoforte è associato ai nomi di Chopin, Beethoven o Bill Evans, Keith Jarrett, ai linguaggi della cosiddetta “classica” o del jazz, ma c’è un intero mondo in cui il pianoforte ha giocato e gioca un ruolo fondamentale. Questo mondo, che appunto è il mondo della musica rock e pop, è talmente vasto e così radicato anche nel presente che risulterebbe troppo ambizioso cercare di tracciare un catalogo completo di coloro che lo hanno abitato o che tuttora lo frequentano con successo, così in questo articolo ci limiteremo ad elencare soltanto alcuni dei suoi esponenti di spicco, omettendo i pianisti nostrani.

All’inizio fu… Fats Domino

A dare i natali a Fats Domino fu la città di New Orleans il 26 febbraio 1928. Pianista di rhythm and blues, nella sua lunga attività musicale ebbe un successo strepitoso. Uno dei suoi brani, intitolato The Fat Man, è considerato il primo disco di rock and roll, in realtà era una rivisitazione di Junker’s Blues di Champion Jack Dupree, con un bel piano boogie e un costante riferimento al blues.

Se Fats Domino non vestì i panni del musicista rock ribelle e trasgressivo, Little Richard, pseudonimo di Richard Wayne Penniman, fu forse il primo a incarnare lo stereotipo del rocker, presentandosi sempre con look eccentrici e un grande carisma sulla scena. Stilisticamente sfruttò il potenziale ritmico del pianoforte coniugato a un uso della voce espressivo. Nel 1955 riadattò un suo vecchio brano-nonsense, il celebre Tutti Frutti di cui ricordiamo i versi “Whop bop b-luma b-lop bam bom… Awop-bop-a-loo-mop alop-bom-bom”. I suoi brani avevano qualcosa di brutalmente primitivo che arrivava a scuotere, nell’eccesso, il suo vasto pubblico. Si ritirò dalle scene molto presto, improvvisamente, votandosi alla vita religiosa, ma il cantante e pianista esercitò un’influenza notevole su tutti coloro che seguirono.

A coniugare il boogie woogie pianistico con le nuove istanze musicali del tempo arrivò Jerry Lee Lewis. Stabilitosi da Nashville a Memphis, allora capitale del rockabilly, Lewis propose un pianismo rock provocatorio nella sua ritmica martellante, aggressiva, un pianismo all’insegna dell’istinto e dell’arroganza. Provocatoria fu anche la sua esistenza e gli costò la carriera. Fu infatti un grande scandalo il suo matrimonio con la cugina tredicenne. Lewis tra l’altro era già sposato e mai divorziato, così fu messo alla berlina dalla scena musicale rock and roll. Numerose altre vicende segnarono in maniera funesta la sua vita anche dopo, ma resta indiscusso il segno che lasciò con alcuni dei suoi calavori come Great Balls Of Fire (1957), Breathless (1958), entrambe scritte da Otis Blackwell.

Ray Charles Robinson (1930 –2004) alias The Genius, perse completamente la vista all’età di sei anni, ma coltivò e sviluppo molto precocemente il suo irrefrenabile talento musicale. Dalla Georgia alla Florida fu una volta stabilitosi a Seattle che cominciò la sua storia di successo. Grazie a Ray Charles linguaggi come il jazz, il rhythm and blues, il gospel, il blues, il country divennero pop, nel senso di popolari. Come molti artisti ebbe alterne fortune nella vita, ma resta indiscusso il peso che esercitò sulla musica tutta, in particolare sullo sviluppo della soul music.

William Martin Joel, detto Billy (1949) ovvero “Piano Man”, che non è solo il titolo di un pezzo di successo di questo pianista, cantante, compositore, ma un epiteto che lo definisce pienamente. Billy Joel ha scritto hit evergreen, pezzi conosciuti e amati da intere generazioni di ascoltatori e ancora oggi tiene concerti da sold out. Dal 1971 al 1993 ha pubblicato dodici album tra pop e rock. Nel 2001 ne ha composto anche un disco di musica classica.

Elton Hercules John, nato Reginald Kenneth Dwight (1947) inizia a prendere lezioni di pianoforte a 7 anni e sin da bambino, anche a causa di una non facile situazione familiare, colleziona dischi in maniera quasi ossessiva. Nel 1958 Reginald ottiene una borsa di studio alla prestigiosa Royal Academy of Music di Londra, studia la musica dei grandi compositori, da Bach a Mozart. Dopo il divorzio dei genitori, nonostante la precarietà economica, l’atmosfera in casa si fa più serena. Reginald può finalmente ascoltare il rock di Elvis e tutta la musica che ama, milita nel gruppo Bluesology, ma decisivo è l’incontro con l’autore di testi Bernard John “Bernie” Taupin. Comincia dunque una carriera artistica di successo mondiale che ancora oggi lo rende uno dei musicisti più noti e apprezzati.

Freddie Mercury, nato Farrokh Bulsara (1946-1991)venerava il suo Yamaha G2 acquistato negli anni Settanta, tanto che dicono non permettesse a nessuno di appoggiarvi qualunque tipo di oggetto sopra e questo pianoforte è stato venduto all’asta per circa due milioni di euro. E’ su quel pianoforte che sono nate le immortali melodie dei suoi pezzi più celebri. Capace di creare atmosfere pop-rock indimenticabili ma anche struggenti ballad, Freddie Mercury è stato un frontman eccezionale per il suo ecclettismo, la sua originalità, anche lui destinato ad attraversare le generazioni, a superare le mode e a giungere a noi intatto nel suo fascino.

Jonathan Douglas Lord (1941 –2012) forse è noto ai più come uno dei fondatori e membro dei Deep Purple. Anche per questo musicista lo studio della cosiddetta musica classica rappresentò un bagaglio musicale fondamentale per la sua attività, pur se praticata in un contesto apparentemente antitetico. Lord utilizzò spesso suggestioni da composizioni classiche nei suoi lavori, ma fu indubbiamente influenzato anche dalla musica afroamericana, dal jazz e dal blues. Fu dunque n innovatore che sfruttò e rese unico l’organo Hammond adattandolo all’hard rock.

Myra Ellen Amos, detta Tori (1963) ovvero … una cantautrice e pianista che ha fatto del pianoforte il veicolo espressivo prediletto nelle sue performance. Il punto di partenza? Un’educazione rigida in una famiglia metodista e una formazione musicale classica che a sentire il suo lavoro ci fanno immediatamente pensare a lei come a una ribelle. Tutta la sua vita vive nelle sue canzoni. Pianoforte e voce, senza orpelli, un’espressività intensa che nasce dall’essenziale. Suo fedele compagno un Bösendorfer, di cui è artista. Leggiamo sul sito dell’azienda: Sul palco, le piace presentare il pianoforte come “questa adorabile piccola signora”. “So che nel momento in cui l’ho toccata è diventata mia amica. Non è solo un pianoforte; ogni Bösendorfer sembra avere una sorta di comprensione. Possono parlare, possono ascoltare. Quando li suoni, diventi un’estensione del pianoforte. O, se non altro, ti danno questa possibilità.”

Richard William Wright (1943 –2008) è stato il tastierista dei Pink Floyd che aveva fondato con Syd Barrett, Roger Waters e Nick Mason. Aveva studiato un po’ pianoforte e amava il jazz, ma la sua curiosità lo spinse ben presto a interessarsi anche di altri strumenti e soprattutto de più disparati linguaggi musicali. Universalmente riconosciuto come il creatore del suono di Pink Floyd, Wright,  fu pioniere di atmosfere psichedeliche e conferì profondità alle sonorità dei brani più celebri del gruppo.

Lyle Mays (1953 –2020) il pianoforte lo aveva studiato seriamente e aveva due numi tutelari: Bill Evans e Miles Davis. Ben presto amplia i suoi orizzonti interessandosi anche alle tastiere e all’organo. Cruciale l’incontro con Pat Metheny, entrando così in un’area nuova per il jazz, uno spazio che apre anche a incursioni in un rock differente, molto etereo e dedito al suono puro.

Chiudiamo qui questa rapida incursione in un mondo, quello del pianismo pop e rock, che meriterebbe, per ognuno dei suoi protagonisti, un approfondimento. Molti i nomi colpevolmente omessi per ragioni di brevità, ma lasciamo la parola a voi. Diciamo che questo articolo è stato il pretesto per riascoltare un po’ di bella musica.

Scriveteci nei commenti chi sono i pianisti di questo ambito che più amate e che secondo voi hanno fatto la storia dello strumento. Let’s rock!

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1 commento

  1. Mamma mia che confusione. Un minestrone tra chi si accompagna con lo strumento e chi si cimenta con le tastiere in senso lato. Tutti ottimi musicisti ma se si parla dello strumento come elemento principale è come parlare per la chitarra di De André trascurando Segovia
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