
La struttura nell’esecuzione di uno standard Jazz
Prima di avventurarci in ulteriori concetti teorici, vorrei analizzare, in via del tutto precauzionale, un classico del Jazz, Autumn Leaves, per comprendere come viene strutturata, normalmente, l’esecuzione di uno standard. Questo esempio, a mio modo di vedere, può essere valido sia per una esecuzione in piano-solo che in gruppo. L’esecuzione di Autumn Leaves (‘Les feuilles mortes’) è affidata ad uno dei pianisti jazz piu’ conosciuti sulla scena mondiale, Keith Jarret. Ascoltiamola

Dall’ascolto è possibile identificare questa struttura:
Intro
In questa prima parte il Pianista e la Band introducono il pezzo in maniera personale, molto spesso creativa. Normalmente vengono utilizzate delle modulazioni che nel giro di pochissime battute si avvicinano e si concludono nell’accordo in cui inizia la melodia del tema. Oppure armonicamente si utilizzano i primi accordi del pezzo in maniera ciclica, fino a quando lo si ritiene opportuno. E’ l’esecutore del tema a suonare la intro, ma non esistono regole rigide definite, si lascia spazio alla fantasia ed al buon senso.
Esposizione del tema
L’esposizione del tema non è nient’altro che l’interpretazione della parte scritta: melodia ed accordi. Essa può subire delle piccole o grandi variazioni, in base alla libertà che l’artista si sente ed in base alle sue capacità. Keith Jarret, per esempio, armonizza il tema alterando gli accordi, potenzia la melodia con passaggi virtuosi, arricchisce e personalizza l’armonia e la melodia, sempre facendo riferimento alle indicazioni dello spartito. Chi espone il tema, molto spesso, è colui che inizierà ad improvvisare.
Improvvisazione
Al termine di due esposizioni del tema (sempre se non si tratta di un brano lunghissimo) parte l’improvvisazione, sicuramente la parte piu’ interessante dell’esecuzione, in cui il musicista può esprimere finalmente tutto ciò che si porta dentro. Sulla base della struttura armonica del brano il musicista crea un proprio percorso melodico ritmico, dinamico. Prima la melodia, il ritmo e la dinamica hanno toni decisamente blandi, ma con il passare delle battute la densità di note aumenta, il ritmo si fa piu’ incalzante e dal pianissimo si giunge al fortissimo. Per poi ricalare, concludere la propria improvvisazione e passare il testimone ad un altro elemento del gruppo, che si comporterà in maniera del tutto simile. La durata di una improvvisazione è del tutto soggettiva, ma tende a completare almeno un giro di accordi (ovvero un giro completo di tutti gli accordi del pezzo). Riprenderemo comunque questo aspetto in una lezione dedicata all’improvvisazione. Spero comunque di averti dato delle buone indicazioni di base.
Tema
Terminata la parte improvvisativa si giunge ad una nuova esecuzione del tema, alcune volte in maniera del tutto inaspettata, altre con naturalezza. Anche in questo caso il tema viene ripetuto due volte, in genere, per poi terminare nella conclusione.
Conclusione
Il pezzo termina con una breve conclusione che può seguire pari passo il tema, o, come nel video, essere creata a tavolino.
Ogni parte della struttura è estremamente importante, ma ciò che conta maggiormente in piano-solo che ancor di piu’ in gruppo sono l’attacco introduttivo, l’attacco nell’improvvisazione e la conclusione. Sono questi, infatti, i momenti che il pubblico ricorda meglio.
Pensa ad una stecca in una parte dell’improvvisazione ed una nella conclusione, proprio alla penultima nota! Cosa ricorderai del concerto? Entrambe, ma con maggior vividezza proprio quella in conclusione. Come mangiare due chicchi di sale dopo un gelato dolcissimo, stesso effetto.
Spero di aver suscitato un minimo di curiosità e averti aiutato ad un ascolto consapevole del jazz.
Ps: nei commenti troverai delle giustissime osservazioni, a cui dovresti prestare attenzione: tenderai a completare maggiormente (purtroppo mai esaurientemente) questo discorso.
Tutti gli articoli della serie
- Programma di studio per il Piano-jazz
- Le quadriadi – cosa sono, come si formano e come si scrivono? – Armonia Jazz n.1
- I rivolti delle quadriadi – Lezione Jazz n.2
- Accordi sui gradi della scala Lezione jazz n.3
- I primi pezzi jazz – Lezione Jazz n.4
- Le Tensioni - Lezione Jazz n.5
- Gli accordi d’effetto – lezione jazz n. 7
- L’esecuzione di un pezzo Jazz – Lezione n.8 (This post)
- Giro Blues in fa ed in tutte le tonalità – Lezione jazz n.9
- Accompagnamento con i bicordi - Lezione Jazz n.10
- Blues Patterns – Lezione Jazz n.11
- Lo swing, una definizione impossibile - Lezione di Jazz n.12
- Il Walking Bass
- I voicing a 4 voci, accompagnamento per la mano sinistra - Lezione di Jazz n.14
- I modi e l'improvvisazione - Lezione n.15
- Analisi armonica di "I Can't get started" al fine di improvvisare - Lezione Jazz n.16
Ciao, puoi dare qualche dritta sulle scale uitlizzabili in autumn leave? In linea di massima, se tonalità SOLmin potrebbe andare bene la scala maggiore di SIb, ma vedo che doversi jazzisti cambiare la stessa scala iniziale ripetutamente all'interno del brano… che regola si segue solitamente o che sarebbe opportuno utilizzare? Ciao e complimenti per il sito !!!
Ciao Piero! In che tonalità sei? Quale è il primo grado?
L'accordo che stai suonando che grado è, ed a che scala fa riferimento? Stiamo parlando di un accordo alterato?
Queste sono le domande che devi porti per sapere che note puoi utilizzare nell'improvvisazione!
😉
Può capitare di incontrare anche un così detto "Bridge". Un "ponte" o intermezzo che interrompe la sequenza degli accordi diventando un "pezzo a se". In genere il Bridge è suonato per creare la "tensione" per poi dare un nuovo slancio al nuovo solo o al ritorno al tema iniziale.
Il JAZZ è un mondo sempre nuovo da scoprire…. Buona Musica!
Splendido Articolo..
Grazie di aver affrontato questo argomento interessantissimo Giulio.
Aggiungo che l'alternanza dei "soli" dei vari strumenti, il loro innestarsi l'uno nell'altro con una tempistica perfetta è un risultato molto difficile da raggiungere.
L'interplay determina l'efficacia del brano ed è il risultato di una grande capacità, da parte dei musicisti, non solo di suonare, ma anche e soprattutto di ascoltare se stessi e gli altri.