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La posizione di Allevi – Un’intervista

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Ecco un articolo per completare il quadro su Allevi. Tratto da Repubblica.it (post originale) è un articolo di Giuseppe Videtti, o meglio, una intervista in cui il compositore espone le proprie idee e chiarisce la propria posizione.

ROMA – Prima della bufera Giovanni Allevi era un riccioluto pianista diplomato a pieni voti al Conservatorio e laureato in filosofia, che audacemente aveva scalato le classifiche di vendita, stabilendo primati da far invidia anche a un artista pop. Oltre cinquecentomila copie vendute di sei album incisi, più di centomila copie vendute dei due libri pubblicati, concerti sold out (e già un impegno per il prossimo luglio all’Arena di Verona). L’accademia, che l’ha formato, tace. Lui dice: “La mia è musica classica contemporanea”. I detrattori attaccano: “E’ poco più di Stephen Schlaks e Richard Clayderman”. I jazzofili nicchiano: “E’ un Keith Jarrett zuccheroso”. Ma i fan lo adorano, lui non si risparmia, la comunicazione tra le due parti diventa fenomenale. E senza confini di età, dai cinque a novant’anni.

Il 21 dicembre lo invitano ad esibirsi con I Virtuosi Italiani al tradizionale concerto di Natale al Senato. Allevi, 39 anni, suona e dirige. Il presidente Napolitano e le più alte cariche dello Stato applaudono a lungo. Sembrerebbe un Natale coi fiocchi, invece per Allevi è una Quaresima. Il violinista Uto Ughi, furioso, boccia la scelta: “Quel concerto mi ha offeso come musicista”. Alla protesta si aggregano l’arpista Cecilia Chailly e Cesare Mazzonis, direttore artistico dell’Orchestra Nazionale Rai. Allevi ribatte: “Vengo dal Conservatorio, sto dalla parte di Mozart”. La polemica investe anche Internet, la blogosfera si spacca tra sostenitori e detrattori. Il pianista trascorre con la famiglia, ad Ascoli Piceno, le festività più tormentate della sua carriera.


Ma lei, Allevi, si merita tanto accanimento?
“Il mio concerto ha rotto una tradizione. Le critiche che ho ricevuto sfociano nell’offesa personale, non sono misurate né contestualizzate. Sono abituato ad avere a che fare con i detrattori, ho capito che chi aggredisce criticando in questo modo mette in piazza solo i propri fantasmi e le proprie paure. C’è anche da dire che attaccarmi in modo così violento, oggi, garantisce un siparietto di visibilità, quei famosi 15 minuti profetizzati da Andy Warhol”.

Insiste a definirsi “compositore di musica classica contemporanea”, pura presunzione per chi riconosce nelle sue partiture una valenza decisamente pop.
“Sono diplomato in composizione e questo fa di me un compositore. Quanto alla musica classica: è musica colta, musica d’arte che ha una caratteristica incontrovertibile, è scritta, e come tale può svilupparsi in forme complesse. Essendo la mia musica scritta secondo le tradizioni della musica classica europea, è anch’essa classica, ed essendo scritta oggi è contemporanea. Non la rappresento in toto, propongo una possibilità che chiunque è libero di prendere in considerazione o ricusare”.

Ecco, questo è il punto, qui scatta l’accusa di presunzione.
“Sono solo una persona convinta e innamorata di ciò che fa. Quel che penso di me l’ho scritto nel libro In viaggio con la strega: sono un simpatico megalomane, perché pensare in grande è il dovere dell’artista. Confrontarsi con i geni del passato è forse un peccato?”.

Si fa fatica a riconoscere la stessa dignità di una sinfonia alla cantabilità pop di certe sue composizioni.
“In questo mi viene in soccorso Mozart. La musica deve essere promotrice di una semplicità che è complessità risolta, da tutti riconoscibile, che non inficia la propria origine colta. Siccome il Novecento ha perseguito l’ideale della complessità fine a se stessa, oggi siamo portati a credere che ciò che è complesso e incomprensibile ha maggior valore rispetto a ciò che è semplice”.

Le sarebbe sembrato riduttivo definirsi artista pop tout-court?
“C’è un problema di terminologia. Il pop è un genere che utilizza la tradizione orale e una scrittura semplificata diverse rispetto alla mia formazione. Voglio ricordare che Mozart è il musicista che ha venduto di più nella storia. Dobbiamo per questo considerarlo pop?”.

Qualcuno potrebbe trovare il paragone irritante.
“Ma è da lì che io vengo, quello è stato il mio percorso di studio. Per me l’importante è scrivere, i giudizi, anche ai limiti dell’offesa, non smuovono le note. Per fortuna”.

Come se non bastasse, lei si è messo anche a dirigere: Mazzonis sostiene che lei palesemente non è in grado.
“Non nasco direttore d’orchestra, è vero. Ma voglio ricordare che fino alla metà del Settecento è sempre stato il compositore a dirigere la sua musica”.

Molti considerano quella proverbiale naïveté un’astuzia da intrattenitore leggero…
“Nei libri espongo solo le linee guida della poetica della mia musica, una sorta di manifesto artistico, come hanno fatto tanti compositori prima di me. Il critico Piero Rattalino ha scritto che la mia estetica è vicina a quella del compositore Ferruccio Busoni (1866-1924). Ogni artista ha pieno diritto di esprimere le proprie idee. Non pretendo che siano condivise da tutti”.

Non si sarà mica montato la testa?
“So di essere un sognatore e un visionario. Sono animato da una profonda umiltà e nutro un rispetto religioso nei confronti del pubblico e della musica. Il vero problema sta nell’immobilismo, nella paura di fare, di cambiare, di esporsi”.

Cosa l’ha ferita di più?

“La mistificazione della realtà, di certe mie affermazioni mai pronunciate, per farmi apparire arrogante e presuntuoso. Mi ripaga l’affetto delle persone che mi hanno scritto manifestando la loro solidarietà. Di questo non finirò mai di ringraziarle”.

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5 COMMENTI

  1. Solo una anima sottile piena di arte e di magia sà riconoscere ed sprimere la musica ovunque si trove.
    La mente detrattora ed insensibile non riconosce il vero amore , il vero Arte ,la vera musica sa solo offuscare i cuori !!!
    Grande Giovanni, Grande anima , continua la strada del tuo cuore,li dove ogni giorno trovi la tua musica ,lil tuo pubblico e la tua verità.
    sei unico, autentico e irrepetibile.

  2. Proprio così, anche se la musica per film è un genere a parte, dove la musica non è libera di esprimersi ma è a servizio delle esigenze dell’immagine e quindi del regista.
    Il ragionamento di Allevi è illuminante. Anche uno sconosciuto studente di composizione al conservatorio può essere considerato un compositore di musica classica contemporanea.

  3. mamma mia, non ho parole…allevi, ma per piacere, si ridimensioni. Ne va anche della sua dignità. Consiglio da uomo giovane (musicista) a uomo giovane, che spero sia preso con la dovuta tranquillità d’animo.

  4. Potrei anche dire una boiata, ma allora in base al al gionamento di Allevi, anche Gilbert & Sullivan, Franz Lehar e Cole Porter dovrebbero essere considerati musica classica contemporanea, e di conseguenza anche Rodgers & Hart, quindi il maggior compositore di musica classica contemporanea del ventesimo secolo secondo i miei discutibilissimi e opinabilissimi gusti dovrebbe essere Randy Newman……….

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