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La musica: il mio spazio nel mondo. Simone Mao

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Immagine dal titolo la-musica-spazio-nel-mondo-simone-mao.jpg: un ragazzo con cappellino sorride, mentre il testo La musica è il mio spazio nel mondo rappresenta la passione per la musica.ottimizza la tua creatività!

Beethoven parlava della musica come qualcosa che va da un cuore agli altri cuori, quindi non come qualcosa di concreto, un elemento tangibile della realtà, ma una sensazione, una trasmissione empatica di qualche cosa.

Per me fare arte e fare il musicista vuol dire proprio questo, cioè cercare di connettermi con la musica e di lasciare che la musica parli e arrivi ai cuori delle altre persone, quindi assolutamente non un’imposizione di un pensiero, di un’idea, ma semplicemente cercare di trovare il mio spazio all’interno del mondo dell’arte e della musica in particolare. La musica per me è sempre stato un modo per trovare un posto in cui dire un po’ la mia, senza alcun tipo di presunzione.

Gli inizi

Quando ero piccolo avevo iniziato a suonare perché mi piaceva condividerla con degli amici, ero a casa di questo ragazzo che aveva la piscina, andavamo a farci il bagno e poi stava preparando un saggio, mi ricordo, avevo dieci anni e mi chiese: “Simone posso suonarti questo pezzo che devo suonare tra qualche giorno?” Gli ho detto: “Fammi sentire!” Io non avevo la più pallida idea di che cosa fosse un pianoforte, mai visto uno in vita mia e quindi rimasi incantato, lui suonava l’Inno alla gioia, mi ricordo, di Beethoven trascritto per pianoforte e gli chiesi: “Ti prego insegnami!”.

Quindi le prime volte col pianoforte sono state così dei momenti di condivisione di musica quasi fosse un gioco, e poi sono andato avanti lentamente, ho avuto anche dei periodi piuttosto difficili in realtà in cui vivevo la competizione soprattutto in modo molto malsano. Avevo sviluppato anche delle abitudini tecniche al pianoforte che mi hanno causato dei problemi fisici, avevo cervicalgia, soffrivo di cervicalgia cronica quando avevo 16-17 anni a causa dello stress, a causa delle cattive abitudini. Poi le competizioni non ne parliamo, l’ambiente è terrificante, lo sappiamo tutti, però si cresce anche un po’ così, cercando di capire cosa si sbaglia, cosa si può fare meglio, cercando un equilibrio, quindi per me veramente la musica è stata una scuola di vita in un certo senso, perché ne ho veramente vissute di tutti i colori.

L’esperienza della musica

Immagino tra l’altro che la maggior parte di coloro che studiano musica a qualunque livello sia portato a vivere questo tipo di esperienze. La musica ti porta continuamente dove vuole lei, non hai alcun tipo di controllo sulla musica, ti prende per braccio, a volte ti spinge, a volte ti butta nell’acqua gelida, però ne vale la pena. Sono completamente convinto che le esperienze che uno fa attraverso la musica portano a un miglioramento del sé in generale, della propria consapevolezza, della propria persona e quindi sono assolutamente grato di aver iniziato questo percorso e soprattutto di averlo continuato, perché ci sono stati comunque dei momenti in cui ero sull’orlo di dire basta, non ce la faccio più, non sono capace, poi fortunatamente ho avuto anche degli amici, dei professori, delle conoscenze che mi hanno accompagnato e io suggerisco vivamente di fare molta attenzione a chi, con chi insomma si percorre questo viaggio all’interno dello studio del pianoforte.

Il corpo e la musica

Quando suono un brano di musica in realtà la sensazione che ricerco è molto fisica, quasi carnale direi, mi piace vivere con la percezione del mio corpo il fare musica, perché è una sensazione inebriante. Mi è capitato di suonare dei concerti in pubblico anche in situazioni di stress elevato. Ho suonato l’anno scorso un concerto per pianoforte orchestra in teatro, a La Fenice a Venezia, la prima volta in cui mi sono confrontato con un ambiente così grande come la sala da concerto, la prima volta che ho suonato in un ambiente così con l’orchestra un pezzo di Liszt, Totentanz, a cui sono molto molto legato ed è stato forse il mio battesimo musicale e ora quando suono io mi aspetto sempre un po’ di ritrovare quelle sensazioni là. E com’è stato? Beh il tempo si era fermato, è stata una sorta di paralisi temporale, una bolla in cui mi ero inserito, i suoni erano quasi quasi distorti come se non fossi io a farli veramente, mi guardavo un po’ da fuori, è stata un’esperienza quasi mistica, ma è stata veramente veramente molto molto bella e fisica, quindi su questo aspetto vorrei concentrarmi. Cioè il fare musica per me deve essere un’esperienza sensoriale ma non solo sonora, il corpo e la musica dialogano insieme con il pianoforte per poter creare il risultato musicale.

Un po’ alla volta ho scoperto che è questo che mi rende felice e mi rende soddisfatto: quando la mia interpretazione non solo la percepiscono gli altri, ma arriva a smuovere fino alle cellule più profonde del mio corpo, è questa la spiegazione che darei proprio di questo contatto con la musica che ho durante le esecuzioni.

Perché fare musica?

Perché fare musica? Beh, fare musica non significa necessariamente diventare musicisti e questo secondo me è un elemento fondamentale. Cioè, in Italia ancora, nella nostra cultura, il fare musica è un mestiere quasi artigianale, quasi di famiglia, no? Come, non so, il mestiere del fare il vetro a Venezia. Io sono di Venezia, a Venezia ci sono i mastri vetrai ed è un mestiere che si tramanda di generazione in generazione. Fare musica per me non dovrebbe essere questo. Io dico ai ragazzi, ai bambini, mi sono arrivati degli allievi anche molto giovani che hanno voluto iniziare a studiare, eccetera, io dico voi per ora limitatevi a giocare, perché anche in altre lingue, per esempio in inglese to play o spielen in tedesco, giocare, fare musica si dice giocare con la musica e per me questo è un elemento estremamente importante fin da subito. Familiarizzare con questo tipo di arte, come siamo abituati in realtà a familiarizzare con tanti altri tipi di arte, perché quanta gente, quanti ragazzi vanno ai musei, per esempio a Firenze, a Roma, a Venezia, nelle città d’arte per vedere i capolavori del rinascimento o del barocco? Tantissimi, perché sono educati fin da subito alla percezione visiva e alla percezione artistica e al valore dell’arte, perché c’è più cultura in questo senso. Invece noi abbiamo bisogno di creare una consapevolezza musicale in tutte le fasce d’età, partendo soprattutto dai bambini, che non deve essere necessariamente legata al lavoro, poi chi vuole continua, chi si sente lo fa, va avanti, se vuole percorrere questo percorso si può fare. Però avere delle aspettative alte, del tipo io adesso inizio a suonare il pianoforte, quindi tra 5 anni devo essere in grado di fare Czerny a metronomo e devo essere in grado di fare le sonate di Beethoven… NO!  Prenditi i tuoi tempi, non serve, quindi io dico ai miei allievi o comunque a chi mi chiede anche dei consigli, vale la pena studiare musica? Sì, vale la pena studiare musica perché sviluppa la tua personalità, sviluppa la tua creatività, è qualcosa che aiuta a sfogare molte persone, molte persone non suonano perché vogliono farne un’attività o vogliono necessariamente dimostrare qualcosa, ma lo fanno da sole nella loro stanza, senza far sentire mai una nota a qualcuno, giusto per avere una sorta di diario intimo musicale, ci sono tantissimi motivi per cui fare musica, quindi io non direi mai a nessuno, no non ne vale la pena, assolutamente, studiate musica, non necessariamente pianoforte, ci sono tantissimi strumenti, potete cantare, potete fare percussioni, violino, violoncello, viola, clarinetto, strumenti a fiato, cercate quello che per voi, secondo voi è la vostra strada e proseguitela, non fermatevi mai.

Comunque in questi giorni sto collaborando con pianosolo.it nella produzione di vari video a tema didattico, con una serie di argomenti sulla tecnica pianistica, la produzione del suono, la teoria musicale, scale, accordi, spero vivamente che questi video vi possano essere d’aiuto e che possano esservi utili durante lo studio del pianoforte, quindi spero di rivedervi presto e ciao!

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