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La musica al tempo del Covid-19

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Rinvio, sospensione, annullamento, cancellazione sono le parole che da qualche giorno formano il nuovo lessico delle arti dal vivo. Che siano concerti, spettacoli teatrali, performance, non ne vedremo per un bel pezzo a seguito delle disposizioni ministeriali emanate per il contenimento della diffusione del famigerato Covid -19.
Una misura che sembrerebbe insufficiente, limitandosi a determinate attività, a raggiungere lo scopo per cui è stata concepita, ma che in ogni caso mette in ginocchio un intero settore di lavoratori, quello dello spettacolo.

Restringendo l’obiettivo sul contesto musicale, a soffrire la forzata sospensione di ogni attività sono i molteplici soggetti di un settore che in maniera silenziosa regala giorno dopo giorno al nostro Paese un considerevole indotto, sono musicisti, organizzatori, gestori di teatri e club, manager, lavoratori che ad oggi risultano ancora privi di diritti fondamentali e che giorno dopo giorno, vanno costruendo la propria esistenza su un precariato costante.

palco vuoto, il covid 19 svuota le sale

Eppure la formazione di un artista passa attraverso un percorso molto lungo e faticoso, un iter spesso fatto di interminabili anni di studio, lunghe gavette, sacrifici, concerti spesso malpagati o non pagati affatto. In molti casi la professionalità nasce e cresce da grandi sforzi individuali.
Nonostante questo, amaramente constatiamo ancora una volta che spesso l’arte (e la musica dunque) non è ancora considerata un lavoro, se nella profonda crisi economica che va aprendo questa epidemia in Italia e nel mondo non sentiamo mai nominare i lavoratori dello spettacolo, della musica.

Il danno è già consistente e si può toccare con mano leggendo i comunicati stampa che a pioggia annunciano cancellazioni di eventi, se solo immaginiamo la condizione di chi ha come unica risorsa proprio l’attività musicale.

Ripeto, forse la misura della sospensione era necessaria al pari della recente chiusura delle scuole, nonostante le evidenti idiosincrasie delle determinazioni di legge, ma auspichiamo che nell’ambito degli interventi di supporto alle categorie che questa crisi economica va toccando siano incluse anche quelle formate dai numerosi lavoratori dello spettacolo dal vivo.

Andando un passo oltre la questione economica, oltre la sopravvivenza, abbiamo forse dimenticato il valore sociale della musica, la sua fondamentale funzione aggregatrice delle componenti fondamentali di una società, al pari di una chiesa per chi pratica, di una piazza, di un bar. La musica, così come il teatro del resto, svolge questa funzione da che si ha memoria della sua esistenza e forse la vittima principale del pericoloso virus che si aggira nel mondo in questo momento è la nostra capacità di stare insieme, di provare empatia, di condividere. Anche solo questo potrebbe essere sufficiente ad una maggiore considerazione delle attività correlate.

Cosa possiamo fare per sostenere gli artisti?

Compriamo i loro dischi, ascoltiamo la loro musica, fin tanto che non potremo tornare ad ascoltarli dal vivo e a condividere l’esperienza del concerto, a condividere la bellezza, unico vaccino contro la disgregazione.

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