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Keith Jarrett, Testament, EMC (2009): romanticamente oltre il jazz.

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Keith Jarrett, Testament, EMC (2009): romanticamente oltre il jazz., 5.0 out of 5 based on 291 ratings

Testament Keith Jarrett RecensionePiano solo per questo triplo cd di Keith Jarrett, risultato della registrazione di due concerti che il pianista ha tenuto nel 2008 a Parigi e a Londra a pochi giorni di distanza.
Il titolo non deve far pensare ad un testamento musicale dell’artista, quanto ad un vago rimando alle vicende familiari di cui Jarrett scrive nelle note di copertina.
Un Jarrett qui particolarmente ispirato ci inonda di musica, musica che non si lascia circoscrivere negli ortodossi schemi del jazz, nel linguaggio esclusivo della tradizione afroamericana. Qui il pianista va oltre e la direzione è una sola, ma aperta a infinite possibilità.
Romanticismo è la parola chiave. Romanticismo non inteso come stato emotivo-sentimentale, quanto piuttosto nella sua accezione letteraria e culturale: l’arte come veicolo, come mezzo di autoespressione e autodefinizione.
Nelle due session il pianista sviluppa un dialogo interiore in cui confluiscono e si alternano energie positive e negative. Lo spazio musicale in cui si muove è quello della valorizzazione di tutti gli aspetti dinamici della musica, delle infinite possibilità timbriche dello strumento corrispondenti ad un percorso interiore libero, alla dilatazione dell’esperienza del suonare verso territori sconfinati.
Il disegno, la struttura, gli elementi architettonici dei brani sono messi da parte. Prevale la melodia, in uno sviluppo continuo, secondo un metodo di composizione istantanea che utilizza alcune caratteristiche tipiche dell’arte di Jarrett: ostinati ossessivi alla mano sinistra che sostiene i soli melodici della destra, free form, rientri, esposizioni tematiche in perenne evoluzione.
Nonostante i pochi giorni di distanza fra i due concerti, il tono delle due esecuzioni è diverso.
La registrazione di Parigi suona più complessa, alternando momenti di lirismo puro a incursioni sul terreno della citazione di genere, dal bebop al gospel, dall’informale al classicismo, in un cromatismo esasperato che gira ossessivamente intorno ad un centro armonico definito.
Con i brani dell’esecuzione londinese invece è l’anima di Jarrett a muoversi sulla tastiera, con maggiore libertà espressiva, esplorando le infinite possibilità comunicative del blues, riscoprendo la cristallina perfezione della musica classica.
Con un movimento narrativo continuo, ogni brano è una delle scene della drammaturgia dell’anima: dal mare di una tristezza consapevole, attraverso il buio della sofferenza, verso la liberazione e la rinascita.
A confermare l’aristotelico valore catartico dell’arte.

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