Keith Jarrett, Barber, Bartók, Jarrett (2015 ECM)
Keith Jarrett è la dimostrazione vivente di come l’arte, e la musica dunque, quando è eccellenza non subisca classificazioni e si attesti come linguaggio universale le cui diversità non separano, piuttosto arricchiscono ed elevano. Chi si aspetta il disco di un jazzista che suona musica classica resterà deluso. Questa registrazione che ECM ci regala nello stesso anno di “Creation”, l’anno un cui festeggiamo i settanta anni di Keith Jarrett, è un disco di ottima musica che rende giustizia ai compositori e al Jarrett pianista completo e impeccabile. È noto l’interesse dell’artista per le registrazioni di capolavori della musica colta occidentale e conosciamo le sue superbe versioni della musica di Bach, di Handel, di Shostakovich e Mozart.
In queste registrazioni degli anni Ottanta Jarrett esprime il suo interesse per due compositori più moderni: lo statunitense Samuel Barber e Béla Bartók, eseguendo due concerti per pianoforte.
Il Concerto per pianoforte e orchestra op.38 di Barber venne composto fra il 1960 e il 1962 ed è stato registrato da Keith Jarrett nel giugno del 1984 alla Congresshalle di Saarbrücken con la Rundfunk-Sinfonieorchester Saarbrücken sotto la direzione di Dennis Russell Davies. Il concerto si sviluppa in tre movimenti secondo uno schema classico e procede per forti contrasti tematici, in una incessante alternanza di momenti di forte propulsione ritmica e slanci melodici intensamente espressivi. Come scrive nelle note di copertina del cd Paul Griffiths, è un’opera dalle forme regolari per cui non possiamo parlare di jazz naturalmente, ma se ne percepisce la presenza nel linguaggio armonico e melodico.
La stessa presenza è evocata anche nel Concerto n.3 di Béla Bartók, che visse in America e sappiamo conobbe e lavorò con Benny Goodman (Contrasti, trio per violino, clarinetto e pianoforte). Il Concerto per pianoforte e orchestra n.3 di Bartók è stato registrato da Jarrett nel 1985 a Tokyo con la New Japan Philarmonic Orchestra sotto la direzione di Kazuyoshi Akiyama. Anche questo concerto, che il compositore non fece in tempo a completare e le cui ultime 17 battute furono scritte dall’amico di Tibor Serly, rispetta la forma tripartita, denota un marcato rigore tecnico e dà prova di una grande espressività che riesce a concentrarsi in una struttura regolare e simmetrica.
Jarrett, esecutore devoto e fedele al testo musicale, mette in luce la sua grande versatilità in questa lettura che non ha nulla da invidiare a quella di un pianista classico, ma che anzi ci rende l’idea della sua estrema abilità nel passare con disinvoltura da una partitura classica alle armonie jazz all’esperienza “senza rete” dell’improvvisazione in tempo reale.
L’universo musicale di Jarrett è circolare, ma non chiuso, in esso gli elementi si susseguono senza soluzione di continuità e si rinnovano ad ogni passaggio. Così partendo dalla musica di Bartók, come in un naturale flusso discorsivo, ci troviamo poi immersi, nell’ultimo brano di questa registrazione, in un encore dello stesso concerto di Tokyo, in cui la vena creativa di Jarrett chiude il cerchio regalandoci la particolare magia di cui l’artista è capace.
Ulteriori info su questo disco e la possibilità di ascoltarne una traccia sul sito della ECM Records.