A room of one’s own, ossia Una stanza tutta per sé, è un saggio di Virginia Woolf pubblicato nel 1929, una riflessione sull’universo femminile, o meglio sull’accesso alla cultura delle donne in una società patriarcale quale era quella inglese dell’epoca e sulla necessità per una donna di avere appunto “una stanza tutta per sé” per dedicarsi all’attività creativa della scrittura. La pianista e compositrice Irene Scardia questa stanza la trova ed è qui che nascono le 11 tracce del suo lavoro in studio il cui titolo, Una stanza tutta per me, rimanda appunto al saggio della Woolf. A diversi anni dalla sua ultima pubblicazione discografica, anni in cui Irene ha lavorato incessantemente “per gli altri” attraverso la sua casa discografica, la Workin’Label, l’artista torna a comporre e pubblica questo lavoro che la vede in trio con Giampaolo Laurentaci al contrabbasso e Filippo Bubbico alla batteria.
Non circoscrivibile ad un unico linguaggio, ma memore del retaggio musicale di Irene Scardia, Una stanza tutta per me si muove tra classica, jazz, new age, minimalismo e molto altro. Gli undici brani, tutti composti dalla pianista, sin dalla traccia di apertura, The Rest, creano un mondo emotivo di leggera delicatezza in cui a predominare è un gusto raffinato per la melodia. Al centro il pianoforte, strumento su cui queste melodie sono composte, nella sua duplice funzione di elemento guida del trio e pilastro ritmico che conferisce a pezzi come Aspettami o In viaggio un andamento dalla dinamica brillante. La title track vede l’intervento del vibrafono di Giacomo Riggi, in grado di sospendere l’universo sonoro del brano in una dimensione quasi cinematografica, una sorta di descrizione solo accennata che lascia ampio spazio all’immaginazione di tutto ciò che una stanza interiore può arrivare a racchiudere.
La voce di Carolina Bubbico anima la bellissima “Prima del volo” di cui firma anche le liriche e sempre suo è l’arrangiamento della traccia conclusiva, Clara, pezzo “da camera” in cui fanno la loro comparsa le sonorità del flauto di Clara Calignano e del violoncello di Claudia Fiore.
Irene Scardia apre dunque le porte della sua stanza privata per accoglierci e in questa musica ci sentiamo a casa, perché questa stanza la possiamo immaginare anche nostra e riempirla di tutto ciò che siamo noi.