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Ivo Pogorelich: “Il ruolo primario della musica è quello di rendere la vita più felice e nobile”

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Ivo Pogorelich: “Il ruolo primario della musica è quello di rendere la vita più felice e nobile”.
Intervista

Ivo Pogorelich_ph Alfonso Batalla

Sabato 6 ottobre sul palcoscenico del Teatro Municipale di Casale Monferrato, nell’ambito del festival Piano Echos “18, salirà Ivo Pogorelich.

La biografia personale ed artistica del pianista, che quest’anno festeggia il suo sessantesimo compleanno, è entrata nella leggenda e le sue interpretazioni ne hanno reso l’immagine reale di un visionario, di un pensatore autonomo, non ortodosso che nel rapporto intimo con lo strumento ha saputo pronunciare parole nuove, autentiche.

Nativo di Belgrado inizia a studiare a sette anni, ma passa presto a Mosca, alla Scuola Centrale di Musica e poi al Conservatorio Cajkovskij. Nel 1976 inizia dei corsi intensivi con la famosa pianista e pedagoga georgiana Alice Kezeradze che sposerà nel 1980, un legame profondo che durerà fino alla prematura scomparsa, avvenuta nel 1996, e anche oltre. Un dolore che scaverà un solco profondo nella sua esistenza e che lo allontanerà dalla scena musicale per molti lunghissimi anni.

Ma prima Ivo Pogorelich vince molti concorsi, i più importanti, e nel 1980 approda allo Chopin di Varsavia. Il suo talento è abbagliante, spiazzante, ma unico, così peculiare da essere escluso dalla finale. Martha Argerich, in giuria, lascia la sala con le parole: “questo ragazzo è un genio”. L’episodio punterà i riflettori di tutto il mondo su questo ragazzo dalla bellezza efebica e dal talento inconfutabile, ma resterà sempre controversa la sua arte, il suo pensiero musicale, nell’apprezzamento della critica, divisa in fronti opposti.

Ivo Pogorelich inizia da Varsavia dunque la sua folgorante carriera artistica, suonando nelle sale da concerto più importanti degli Stati Uniti e di Canada, Europa, Australia, Giappone, Cina, America Latina e Israele,  esibendosi con le più prestigiose orchestre del mondo tra cui: Berliner Philharmoniker, Wiener Philharmoniker, tutte le principali orchestre di Londra, Chicago Symphony Orchestra, New York Philharmonic Orchestra, Philadelphia Symphony Orchestra, Los Angeles Philharmonic Orchestra, ecc.

L’artista si impegna presto nel sostegno e nella promozione dei giovani artisti, fondando nel 1986 in Croazia l’Associazione dei Giovani Musicisti e nel 1993 il Concorso Pianistico Internazionale “Ivo Pogorelich” a Pasadena, in California. Nel  1994 crea la Sarajevo Charitable Foundation con lo scopo di raccogliere fondi per la costruzione di un ospedale per le madri e i bambini di Sarajevo. Nel 1987 riceve dall’UNESCO il titolo di “Ambasciatore di buona volontà”.

Numerose le incisioni per Deutsche Grammophon, sodalizio culminato nella pubblicazione di un cofanetto contenente le registrazioni dei suoi 14 straordinari album che ha ricevuto il prestigioso premio Diapason d’Or.

Il concerto del 6 ottobre a Piano Echos sarà introdotto alle ore 20.30 dal noto pianista e musicologo Luca Ciammarughi.

Abbiamo avuto l’onore di intervistare Ivo Pogorelich proprio grazie alla sua presenza al festival.

A seguire la nostra intervista.

Paola Parri: Maestro lei quest’anno compie sessant’anni, la maggior parte dei quali dedicati alla musica, al pianoforte. Come è cambiata la sua visione musicale nel corso di questi anni? Cosa si aspettava dalla musica negli anni della giovinezza e cosa desidera oggi?

Ivo Pogorelich: Niente è cambiato nella mia attitudine, quello che è cambiato è che tutti noi evolviamo, i miei principi sono sempre gli stessi, ma, ancora oggi, sono in grado di migliorare la mia conoscenza del pianoforte e scoprire nuovi metodi per approfondire l’interpretazione della musica che suono.

P.P.: Lei ha scelto il pianoforte. Il rapporto di un artista con il suo strumento è un rapporto molto speciale…

I.P: Il pianoforte è il re degli strumenti, è molto ricco nelle sue espressioni, anche capace di trasmettere sentimenti e pensieri allo stesso tempo. In un dialogo tra l’individuo e lo strumento ho osservato uno strano fenomeno, più dai attenzione e più ricevi dallo strumento.

P.P.:In che modo lei avvicina e affronta il testo musicale? Cosa ricerca e quale lavoro conduce sulla partitura?

I.P: Il rispetto è il principio fondamentale e poi ricerca, il principio base è quello di ascoltare e poi arrivare a conclusioni e incorporarle nel lavoro.

P.P.:L’uomo, la sua esperienza di vita personale, plasma l’interprete?

I.P: Penso che l’influenza sia vicendevole, ma le influenze dell’arte sono sempre più forti di quelle personali e arricchiscono le nostre esperienze e la vita quotidiana.

P.P.:C’è un compositore che sente più affine alla propria sensibilità?

I.P: No, assolutamente no, tutti sono toccati dal genio e hanno qualcosa di unico, questo dà molta varietà al mio lavoro.

P.P.:Durante il piano recital ci sono tre elementi fondamentali che in qualche modo intervengono: il testo musicale, l’interprete e il pubblico. In che modo entrano in relazione tra loro?

I.P: Il pubblico vede solo la piccola parte di uno sforzo, può però percepire la profondità di una ricerca. Se poi l’interazione è aiutata da una buona acustica si crea un effetto elevato in entrambi, interprete e pubblico.

 P.P.:Qual è il compito della musica affinché non sia mero accademismo o esercizio di stile?

I.P:  Il ruolo primario della musica è quello di rendere la vita più felice e nobile, non dobbiamo dimenticare che essenzialmente siamo una razza evoluta sul pianeta, ma pur sempre “selvaggi”.

P.P.:Cosa le ha dato la musica e cosa le ha tolto?

I.P: Non ha tolto niente, mi ha solo dato

P.P.:Oggi purtroppo la formazione musicale dei bambini in Italia è vista come accessoria rispetto ad altre conoscenze. Nelle scuole dell’infanzia si insegna poca musica, non è ancora una materia obbligatoria. Qual è secondo lei l’importanza della musica nella formazione dell’uomo, cosa può donare a una persona la conoscenza e l’ascolto della musica classica?

I.P: I politici hanno tolto alla popolazione una delle componenti  più formative ed arricchenti  dell’educazione: per esempio nell’Antica Grecia una persona che non era capace di cantare o ballare non era considerata educata, quello che è shoccante in un Paese come l’Italia, ma non solo, è che Paesi che hanno dato così tanto al mondo con la loro musica, stiano trascurando la propria eredità, in questo processo di impoverimento ogni individuo perde.

P.P.: Oggi la musica classica oltre che attraverso il tradizionale concerto e nelle registrazioni discografiche è diffusa sulle piattaforme digitali di Internet. Cosa ne pensa?

I.P: Registrare e suonare con il pubblico sono due discipline diverse, l’esibizione è l’atto di un momento e registrare è un atto di documentazione, due cose che richiedono una differente preparazione artistica. Nel concerto c’è l’ispirazione, nella registrazione è più complesso, perciò io non do molto valore a registrazioni anche pirata, disponibili su internet.

P.P.: Un’ultima domanda: Al festival PianoEchos suonerà musica di Mozart, Liszt e Schumann. Vuol parlarci di questo programma?

I.P: Si presento lavori che hanno una grande livello artistico e definizione e sono uniformati da una rivoluzionaria immaginazione dei tre compositori: Mozart annuncia nuove prospettive nell’armonia, l’introspezione nella musica che poi certe pagine nella Sonata in si minore di Liszt e negli Studi Sinfonici di Schumann sviluppano ulteriormente. Quello che unisce Liszt e Schumann a un livello personale è la dedica che entrambi fanno uno all’altro del loro lavoro, ma anche l’estensione verso nuovi modi di usare la tastiera che erano precedentemente sconosciuti prima di loro.

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