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Intervista a Stefano Bollani

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Intervista a stefano bollani

Chi è Stefano Bollani?

Non voglio mettermi a fare il classico riassuntino da wikipedia che tanto snobberete facilmente. È noioso ed inutile per me e per voi. Non sono dei trafiletti a designare una persona. Piuttosto, e solo a beneficio di chi (giustamente) può non conoscerlo dirò che, non è solo un pianista (sennò che ci farebbe qui su Pianosolo ?), un pianista jazz, classico, che ha collaborato con il mondo del pop. Ma uno scrittore di libri, si fa intervistare su qualsiasi argomento (come su Slow Food) e non si dà nessun limite di genere o stile. Il valore di parole come “collaborazione”, “interpretazione” e “progetto” hanno presso di lui una valenza ben più ironica, aperta e vivace che in molti altri musicisti. Le parole che ci ha regalato sono cariche di genuinità e passione, di voglia di imparare sempre cose nuove accostando duro lavoro e puro piacere nel vivere la musica.

Ringrazio Stefano Bollani e Giulio per l’occasione concessami per l’intervista, so di essere stato un po’ naif come approccio migliorerò per regalare (se sarà possibile) nuove interviste ancora più approfondite e professionali.

Quelli che seguiranno sono il Podcast dell’intervista, e la trascrizione della medesima… vi rimando a questi per capire, attraverso le parole stesse di Bollani chi possa essere, come musicista e come persona.

Scarica l’intervista a Bollani direttamente cliccando QUA

Trascrizione

Michele: Ciao Stefano e grazie della disponibilità. È un grande piacere averti qui su Pianosolo. Pianosolo è un sito che sta avendo un grande successo perché vuole portare avanti la passione per il pianoforte e ha al suo interno video, recensioni, tutorial…

Stefano: Sì sì vi conosco… ci ho fatto un giro un po’ di tempo fa.. mi è piaciuto molto.

M: Bene, e appunto per questo volevamo chiederti innanzitutto della tua passione per il piano, delle tue prime difficoltà, degli scalini che hai dovuto superare… hai qualche consiglio anche per i nostri utenti?

S: Ma guarda, io ho avuto una grande fortuna perché ho iniziato prestissimo. Ho iniziato a suonare a 6 anni perché volevo fare il cantante e il pianoforte sarebbe potuto essere lo strumento ideale per accompagnare un giorno la mia voce. Poi invece mi sono appassionato allo strumento in sé. Parlo di grande fortuna perché ci sono degli esercizi , quelli canonici, che fanno ancora oggi (ahimè) sono molto noiosi. Come il solfeggio che quando inizi puoi anche sopportare, ma quando vai in là con gli anni diventa ancora più difficile.. spero sempre che un giorno qualcuno si rimbocchi le maniche e trovi un nuovo approccio.. perché il solfeggio non è obbligatorio.

M: Tu che approccio sceglieresti??

S: Ci sono dei metodi giapponesi molto più intelligenti dei nostri in cui si inizia prima a suonare poi si impara a leggere la musica. È come accade ad un bambino, non gli insegni prima a scrivere papà e mela, ma gli fai vedere il papà, la mamma e mangiare la mela, poi imparerà a leggere e scrivere. L’approccio di oggi è il contrario, prima devi saper leggere do, re, mi, poi suonare.

M: Quindi la passione prima di tutto?

S: Prima di tutto l’esperienza. Il risultato. Poi imparerà a leggere e a scrivere. Alcuni non impareranno mai a leggere e a scrivere ma non importa.

M: Da quali maestri senti di aver imparato nella tua attitudine? Anche ora senti di imparare?

S: Io imparerò sempre, finché non muoio. Io sono un tipo che studia poco ora per motivi di tempo e che ha studiato poco prima perché scapestrato da ragazzino. Per cui consiglio di studiare sino a quando uno ha tempo, al momento della svolta professionale gli spazi liberi si riducono tantissimo. Poi ad un certo punto studiare non è più solo star chiuso in casa a leggere uno spartito ma approfondire insieme alle persone con cui suoni, ascoltare i concerti.. impari a vivere la musica, che non vuol dire solo stare da soli a suonare.

M: Infatti poi ho visto che nella tua vita musicale hai avuto molte collaborazioni con artisti di altri generi musicali, come Caetano Veloso , che cosa hai tratto da questi nel tuo processo di apprendimento e non solo professionale?

S: Dirò forse una banalità, ma ho imparato quello che diceva Duke Ellington, e cioè che la musica si divide in “bella e brutta”, e quindi suonare con Veloso, con Rava alla fine ti fa capire che i grandi musicisti si assomigliano tutti nell’approccio alla musica. Sono stati educati in maniera diversa e scelgono strade differenti per arrivare però a risultati simili. Chi improvvisa tutto, chi legge tutto, chi segue una via di mezzo, chi si affida all’istinto, chi fa le prove, però alla fine fai o musica bella o musica brutta veramente. Quello che li accomuna è la passione.

M: Ma cosa intendi proprio con musica bella e brutta? Cosa vuol dire nello specifico per te?

S: Guarda, prima di tutto intendo musica onesta. Perché la musica può essere bella solo per chi la fa. C’è tanta gente che fa musica in base a criteri mirati a riscuotere successo presso il pubblico e questa non è musica onesta. Per me se uno sale su un palco ed è onesto, e fa una cosa che gli piace sono già ben predisposto nei suoi confronti. Te lo dico perché conoscendo il mondo della musica leggera ti assicuro che molti fanno la musica che viene detto loro di suonare cantare. Ragazzetti di 17, 18 anni conciati come vogliono “loro” e costretti a cantare di “fare l’amore in tutti i laghi, in tutti i luoghi”. E anche nella musica classica molta gente è obbligata a suonare Schumann e Brahms perché gli hanno spiegato che sono musicisti con la S e la B maiuscola, mentre Stockhausen, Charlie Parker e Domenico Modugno no. E questo solo perché glielo hanno spiegato e non perché amano o odiano questa musica

M: E senti questa domanda mi viene automatica, e della polemica riguardo Giovanni Allevi, Uto Ughi ?

S: Credo che la polemica vera non sia sulla musica. Ma sul personaggio. Quando per il suo ufficio stampa Allevi diviene il nuovo Mozart, il più grande compositore di musica moderna, che scrive sotto effetti particolari, sotto attacchi di panico, scrive perché la musica lo va a visitare e non perché ha studiato. Strano perché poi ha studiato e non si capisce perché lo debba nascondere. Il problema è che accomunare la musica a una emanazione divina, più che uno studio, un lavoro, lo porta ad assomigliare ai ragazzi di X-Factor. Questa idea del genio sregolato un po’ matto, che si sveglia di notte è un’idea un po’ antica , sa un po’ di Hollywood, neanche Bach era così , neanche Beethoven. È solo un’idea che piace alla gente, di un artista che vive di aria e che improvvisamente ha delle intuizioni geniali.

M: Si è dimenticato l’importanza del sudore, del lavoro all’interno della musica…

S: Sì assolutamente, che poi non capisco perché Allevi si debba comportare così. Mi risulta diplomato , ha fatto anche la gavetta. E quindi insistere sul tasto del genio folle la trovo una cosa molto stancante. Questo lo dico a prescindere dai risultati musicali su cui si può anche discutere. Il punto è che non puoi andare in giro a dire ai ragazzi che si nasce geni o niente .

M: E tu come vorresti essere descritto? Come vorresti distinguerti?

S: Boh non lo so .. ci penserò forse quando sarò morto… o neanche allora.

M: Ora qualche domanda leggermente più tecnica che ti volevo fare per quanto riguarda anche brani jazz. Come lo vedi il concetto della reinterpretazione e con quali scopi scegli i brani da riproporre, gli standard?

S: A sentimento. Non è detto che debbano essere quelli più belli della storia della musica perché molto spesso a quelli non può togliere o aggiungere nulla. Sono quelli con qualche difettuccio ad ispirarmi di più, perché posso inserirmi in quelle parti lì. Li utilizzo come pre-testo, per inventare qualcos’altro. Poi usare una canzone degli anni’20 o una canzone di James Taylor per me è indifferente, dipende da quello che voglio fare.

M: Quali sono stati gli autori che con il pianoforte ti hanno permesso di lavorarci sopra, di avere nuove idee?

S: Sono tanti non saprei dirti, sono troppi, ho troppe passioni. Di solito cito come modello di vita Duke Ellington e Miles Davis e anche Frank Zappa. Soprattutto Davis che nel tempo ha sempre continuato a cambiare, alla faccia dei critici, rischiando sulla propria pelle, facendo anche dei dischi brutti. È questo il bello del jazz, la voglia di rischiare, il contrario di quello che ti dicevo prima. Di quelli che decidono di suonare tutta la vita Schumann per essere sicuri che quella è bella musica. Se poi si mettono a improvvisare o creare qualcosa di nuovo devono mettersi a giustificarla e non sanno come fare.

M: Quali sono stati i musicisti con cui ha collaborato e con cui vorresti collaborare per nuovi progetti?

S: Per me Enrico Rava è stato il più importante sotto tutti i punti di vista. Da quando l’ho conosciuto mi ha insegnato tante cose senza parlare ma facendomele vedere, che è la cosa più importante. Fino ad allora ero stato a lezione da dei bravi musicisti, ma suonare con un grande musicista che ti fa capire suonando è stato il complemento necessario. Poi quest’estate suonerò in coppia con Chick Corea. C’è anche un progetto di incidere insieme un disco di pianoforte. Chick è una persona che nonostante l’età è ancora appassionatissimo di musica e si parla spesso di artisti che piacciono ad entrambi come Jackie un pianista jazz che è conosciuto pochissimo.

M: I tuoi progetti al momento?

S: Guarda esce un disco a settembre, per la Decca, che è un incursione violenta nel mondo della musica classica che è tutto Gershwin , Concerto in Fa per pianoforte e orchestra, Rapsodia in Blu e altre cose, un’impresa che non credevo avrei portato in fondo, ma Riccardo è stato molto bravo e coinvolgente e alla fine ce l’abbiamo fatta.

M: Eccoci alla fine, un piccolo consiglio, solo tuo  per i nostri utenti, o per chi, come me, si sta approcciando ora al pianoforte.

S: Prima di tutto studiare le cose che ci piacciono. Le prime cose ok sono importanti e vanno fatte ma poi approfondire per conto proprio quello che ci piace. Io da ragazzino ho scoperto Oscar Peterson ed ho iniziato a eseguirlo da solo, ascoltare i suoi dischi , non c’è nulla di male. Puoi anche cambiare gusti subito dopo ma partire da una cosa che ti piace ti permette di entrare nel mondo della musica e scoprire altro.

M: Stefano ti ringrazio per il tuo tempo e la disponibilità. Spero di vederti presto magari con Chick Corea.

S: Grazie a voi, un abbraccio ed a presto!!

Trascrizione Intervista Bollani 20/05/2010

Chi è Stefano Bollani? Non voglio mettermi a fare il classico riassuntino da wikipedia che tanto snobberete facilmente. È noioso ed inutile per me e per voi. Non sono dei trafiletti a designare una persona. Piuttosto, e solo a beneficio di chi (giustamente) può non conoscerlo dirò che, non è solo un pianista (sennò che ci farebbe qui su piano solo ?), un pianista jazz, classico, che ha collaborato con il mondo del pop. Ma uno scrittore di libri, si fa intervistare su qualsiasi argomento (come su Slow Food)  e non si da nessun limite di genere o stile. Il valore di parole come “collaborazione”, “interpretazione” e “progetto” hanno presso di lui una valenza ben più ironica, aperta e vivace che in molti altri musicisti. Le parole che ci ha regalato sono cariche di genuinità e passione, di voglia di imparare sempre cose nuove accostando duro lavoro e puro piacere nel vivere la musica.  Ringrazio Stefano Bollani e Giulio per l’occasione concessami per l’intervista, so di essere stato un po’ naif come approccio migliorerò per regalare (se sarà possibile) nuove interviste ancora più approfondite e professionali.
Quelli che seguiranno sono il Podcast dell’intervista, e la trascrizione della medesima… vi rimando a questi per capire, attraverso le parole stesse di Bollani chi possa essere, come musicista e come persona.

Michele: Ciao Stefano e grazie della disponibilità. È un grande piacere averti qui su Pianosolo. PIanosolo è un sito che sta avendo un grande successo perché vuole portare avanti la passione per il pianoforte ed ha al suo interno video, recensioni, tutorial…
Stefano: si si vi conosco… ci ho fatto un giro un po’ di tempo fa.. mi è piaciuto molto.
M:bene, e appunto per questo volevamo chiederti  innanzitutto della tua passione per il piano, delle tue prime difficoltà, degli scalini che hai dovuto superare… hai qualche consiglio anche per i nostri utenti??
S: ma guarda, io ho avuto una grande fortuna perché ho iniziato prestissimo. Ho iniziato a suonare a 6 anni perché volevo fare il cantante e il pianoforte sarebbe potuto essere lo strumento ideale per accompagnare un giorno la mia voce. Poi invece mi sono appassionato allo strumento in sé. Parlo  di grande fortuna perché ci sono degli esercizi , quelli canonici, che fanno ancora oggi (ahimè) sono molto noiosi. Come il solfeggio che quando inizi puoi anche sopportare, ma quando vai in là con gli anni diventa ancora più difficile.. spero sempre che un giorno qualcuno si rimbocchi le maniche e trovi un nuovo approccio.. perché il solfeggio non è obbligatorio.
M: te che approccio sceglieresti??
S:  senti… ci sono dei metodi giapponesi molto più intelligenti dei nostri.. in cui si inizia prima a suonare poi si impara a leggere la musica. È come accade ad un bambino, non gli insegni prima a scrivere papà e mela.. ma gli fai vedere  il papà, la mamma e mangiare la mela.. poi imparerà a leggere e scrivere. L’approccio di oggi è il contrario, prima devi saper leggere do, re, mi … poi suonare..
M: quindi la passione prima di tutto??
S: prima di tutto l’esperienza. Il risultato. Poi imparerà a leggere e a scrivere. Alcuni non impareranno mai a leggere e a scrivere ma non importa.
M:e te da quali maestri senti di aver imparato nella tua attitudine?? anche ora senti di  imparare?
S: io imparerò sempre, finché non muoio. Io sono un tipo che studia poco ora per motivi di tempo e che ha studiato poco prima perché scapestrato da ragazzino. Per cui consiglio di studiare sino a  quando uno ha tempo, al momento della svolta professionale gli spazi liberi si riducono tantissimo. Poi ad un certo punto studiare non è più solo star chiuso  in casa a leggere uno spartito ma approfondire insieme alle persone con cui suoni, ascoltare i concerti.. impari a vivere la musica, che non vuol dire solo stare da soli a suonare.
M: infatti poi ho visto che nella tua vita musicale hai avuto molte collaborazioni con artisti di altri generi musicali, come Caetano Veloso , che cosa hai tratto da questi nel tuo processo di apprendimento e non solo professionale..??
S: dirò forse una banalità, ma ho imparato quello che diceva Duke Ellington, e cioè che la musica si divide in “Bella e Brutta”, e quindi suonare con Veloso, con Rava alla fine ti fa capire che i grandi musicisti si assomigliano tutti nell’approccio alla musica. Sono stati educati in maniera diversa e scelgono strade differenti per arrivare però a risultati simili. Chi improvvisa tutto, chi legge tutto, chi segue una via di mezzo, chi si affida all’istinto, chi fa le prove, però alla fine fai o musica bella o musica brutta…veramente. Quello che li accomuna è la passione.
M: ma cosa intendi proprio con musica bella e brutta? Cosa vuol dire in specifico per te??
S: Guarda, prima di tutto intendo musica onesta. Perché la musica può essere bella solo per chi la fa. C’è tanta gente che fa musica in base a criteri  mirati a riscuotere successo presso il pubblico e questa non è musica onesta. Per me se uno sale su un palco ed è onesto,  e fa una cosa che gli piace sono già ben predisposto nei suoi confronti. Te lo dico perché conoscendo il mondo della musica leggera ti assicuro che molti fanno la musica che viene detto loro di suonare cantare. Ragazzetti di 17, 18 anni conciati come vogliono “loro” e costretti a cantare di “fare l’amore in tutti i laghi, in tutti i luoghi”. E anche nella musica classica molta gente è obbligata a suonare Schumann e Brahms  perché gli hanno spiegato che sono musicisti con la S e la B maiuscola, mentre Stockhausen, Charlie Parker e Domenico Modugno no. E questo solo perché glielo hanno spiegato e non perché amano od odiano questa musica
M: e senti questa domanda mi viene automatica, e della polemica riguardo Giovanni Allevi, Uto Ughi  ?
S: credo che la polemica vera non sia sulla musica. Ma sul personaggio. Quando per il suo ufficio stampa Allevi diviene il nuovo Mozart, il più grande compositore di musica moderna, che scrive sotto effetti particolari, sotto attacchi di panico, scrive perché la musica lo va a visitare e non perché ha studiato. Strano perché poi ha studiato e non si capisce perché lo debba nascondere. Il problema è che accomunare la musica ad una emanazione divina, più che uno studio, un lavoro, lo porta ad assomigliare ai ragazzi di X-Factor. Questa idea del genio sregolato un po’ matto, che si sveglia di notte è un’idea un po’ antica , sa un po’ di Hollywood, neanche Bach era così , neanche Beethoven. È solo un’idea che piace alla gente, di un artista che vive di aria e che improvvisamente ha delle intuizioni geniali.
M: si è dimenticato l’importanza del sudore, del lavoro all’interno della musica…
S: si assolutamente, che poi non capisco perché Allevi si debba comportare così. Mi risulta diplomato , ha fatto anche la gavetta. E quindi insistere sul tasto del genio folle la trovo una cosa molto stancante. Questo lo dico a prescindere dai risultati musicali su cui si può anche discutere. Il punto è che non puoi andare in giro a dire ai ragazzi che si nasce geni o niente .
M: e te come vorresti essere descritto? Come vorresti distinguerti?
S: boh non lo so .. ci penserò forse quando sarò morto… o neanche allora.
M: ora qualche domanda leggermente più tecnica che ti volevo fare.. per quanto riguarda anche brani jazz.. come lo vedi te il concetto della reinterpretazione e con quali scopi scegli i brani da riproporre, gli standard?
S: a sentimento. Non è detto che debbano essere quelli più belli della storia della musica perché molto spesso a quelli non può togliere o aggiungere nulla. Sono quelli con qualche difettuccio ad ispirarmi di più, perché posso inserirmi in quelle parti lì. Li utilizzo come pre-testo, per inventare qualche cos’altro. Poi usare una canzone degli anni’20 o una canzone di James Taylor per me è indifferente, dipende da quello che voglio fare.
M: quali sono stati gli autori che con il pianoforte  ti hanno permesso di  lavorarci sopra, di avere nuove
S: eh sono tanti non saprei dirti.. sono troppi, ho troppe passioni. Di solito cito come modello di vita Duke Ellington e Miles Davis ed anche Frank Zappa. Soprattutto Davis che nel tempo ha sempre continuato a cambiare, alla faccia dei critici, rischiando sulla propria pelle, facendo anche dei dischi brutti. È questo il bello del jazz, la voglia di rischiare, il contrario di quello che ti dicevo prima. Di quelli che decidono di suonare tutta la vita Schumann per essere sicuro che quella è bella musica… se poi si mette ad improvvisare o creare qualcosa di nuovo deve mettersi a giustificarla e non sa come fare.
M: ora senti , un paio di ultime domande così poi ti lasciamo libero. Quali sono stati i musicisti con cui ha collaborato e con cui vorresti collaborare per nuovi progetti?
S: senti per me Enrico Rava è stato il più importante sotto tutti i punti di vista. Da quando l’ho conosciuto mi ha insegnato tante cose senza parlare ma facendomele vedere, che è la cosa più importante. Fino ad allora ero stato a lezione da dei bravi musicisti, ma suonare con un grande musicista che ti fa capire suonando è stato il complemento necessario. Poi quest’estate suonerò in coppia con Chick Corea.. c’è anche un progetto di incidere insieme un disco di pianoforte. Chick è una persona che nonostante l’età è ancora appassionatissimo di musica e si parla spesso di artisti che piacciono ad entrambi come jackie un pianista jazz che è conosciuto pochissimo.
M: i tuoi progetti al momento?
S:  guarda esco un disco a settembre, per la Decca, che è un incursione violenta nel mondo della musica classica che è tutto Gerschwin , concerto in Fa per pianoforte e orchestra, e Rapsodia in Blu e altre cose,  un’impresa che non credevo avrei portato in fondo, ma Riccardo è stato molto bravo e coinvolgente ed alla fine ce l’abbiamo fatta.
M: ed eccoci alla fine, un piccolo consiglio, solo tuo spassionato per i nostri utenti, o per chi, come me,  si sta approcciando ora al pianoforte…
S: prima di tutto studiare le cose che ci piacciono. Le prime cose ok sono importanti e vanno fatte ma poi approfondire per conto proprio quello che ci piace. Io da ragazzino ho scoperto Oscar Peterson ed ho iniziato a eseguirlo da solo, ascoltare i suoi dischi , non c’è nulla di male. Puoi anche cambiare gusti subito dopo ma partire da una cosa che ti piace ti permette di entrare nel mondo della musica e scoprire altro.
M: Stefano ti ringrazio per il tuo tempo e la disponibilità. Spero di vederti presto magari con Chick Corea.
S:  Grazie a voi, un abbraccio ed a presto!!

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