
Intervista a Francesco Truono
Ci sono tanti modi di vivere la musica e nella musica. Francesco Truono ha scelto la fotografia. Fotografo professionista, fotografo per amore. Della musica naturalmente. Francesco ha pubblicato e pubblica le sue immagini su importanti testate, le sue fotografie sono un esempio di come la passione possa tradursi stile di vita, in arte vissuta con sincerità. In questa interessante chiacchierata Francesco ci ha raccontato un po’ di sé. Se volete vedere i lavori di Francesco Truono potete trovarli a questo link.
Paola Parri: Francesco la musica e quindi la fotografia o la fotografia e quindi la musica? Qual è il tuo percorso? Ci racconti la tua storia?
Francesco Truono: Io sono Francesco, ho 55 anni, una laurea in Sociologia e faccio il fotografo professionista. La Musica e poi la Fotografia.Mi ritrovo a fare fotografie di concerti per puro caso appassionato di motori avevo cominciato a scattare seguendo gli amici che spesso partecipavano a gare automobilistiche. Con il passar del tempo ero riuscito ad avere una certa padronanza tanto da avere già in quel periodo la possibilità di passare al professionismo con agenzie fotografiche. Finito quel periodo, per un insieme di problemi, era vita vita, quella che mi proponeva, abbastanza nomade e non me la sentii, smisi, sì, smisi di fare fotografia. Non trovavo nessuna necessità di scattare e per diversi anni non ho più fatto click.
Poi una doppia svolta, per puro caso, la prima …l’ incontro con quello che considero il mio Maestro (Javier Girotto) e la seconda l’avvento del digitale.Quindi parto non dalla fotografia alla quale relego un ruolo marginale, l’ho piegata, l’ho usata, ma dalla esigenza di trovare un modo per entrare in un Mondo che, grazie alle note del Sax Soprano di Javier, mi ha letteralmente stregato. Un colpo di fulmine, un amore improvviso che continua ancora.
Seconda cosa importantissima l’avvento del digitale. Immediatamente mi resi conto che un Mondo era finito ed un altro si affacciava alla finestra, un Mondo fatto di possibilità immense, un Mondo che faceva saltare tutti i paletti, i canoni, i riferimenti, un Mondo nuovo dove si cominciava a respirare aria di libertà. Ero libero, libero di scattare e proporre, grazie ad internet, al Mondo intero quello che facevo in barba a tutti i Santoni, Guru e Saccenti.
P.P.: Le tue immagini sono legate alla musica, ma hanno la particolarità di non risultare mai astratte, anzi, la persona, chi fa la musica, è sempre al centro delle tue fotografie, sia che si tratti di un ritratto sia che si tratti di un particolare. Vuoi parlarcene?
F.T.: È sbagliato pensare che io fotografi la Musica o dei Musicisti. Io fotografo persone che con strumenti diversi cercano di dirmi qualcosa. Io cerco un qualcosa, lo dico sempre, all’interno del ” Suono “, un po’ come chi crede che nel “Pi greco” ci sia un messaggio degli alieni. Io cerco una dimensione che so che esiste e so anche dov’è, ma è presto per andare non sono pronto, io cerco un ” Suono” che sia senza Spazio e Senza Tempo e so il posto dove cercarlo è….l’ Africa dove Terra e Tamburo si fondono e sono una sola cosa.
P.P.: Un altro degli aspetti che percepisco nelle tue immagini è il movimento. Sono immagini mai statiche, trasmettono il senso di un divenire, di qualcosa che sta accadendo in quel luogo e in quel momento. È il moto di ciò che vedi o è il movimento che quell’immagine crea in te?
F.T.: Non ti so dare una risposta in questo io ti posso dire solamente che ad un certo punto so che devo scattare, come se l’ occhio pilotasse da solo la mano come se dovessi entrare su di una ” battuta”….forse, sicuramente sono un musicista …fallito.
P.P.: Il buio, l’oscurità, spesso le immagini emergono come luce pura proprio dal buio, a volte sono solo un accenno. Qual è il rapporto fra questi due elementi?
F.T.: È una ricerca, spesso, del minimalismo estremo che mi affascina e che mi ha creato non pochi problemi dal punto di vista editoriale. È difficile utilizzare le mie immagini, è difficile impaginarle, la stragrande maggioranza sono storte. C’è molto egocentrismo, voglio che venga fuori……io.
P.P.: Quanto e cosa c’è di personale in un’immagine?
F.T.: Tutto. Dico, sempre e chi mi conosce lo sa, faccio quello che voglio come e quando voglio. L’ unica cosa che mi si può dire è una….traccia, un tema, poi devo essere libero di fare come mi dice la testa altrimenti non lo faccio.
P.P.: Oggi con l’avvento del digitale tutti si sentono un po’ fotografi. Che ne pensi?
F.T.: Tutti sanno tutto ma va bene.
P.P.: Con il digitale si parla anche di post produzione. Una tua opinione in merito e la tua esperienza.
F.T.: Post produzione ??? Io non ne faccio uso se non per togliere un microfono o qualche elemento di disturbo, ho una vecchissima edizione di photoshop che mi basta ed avanza. Il problema è che tu quando guardi una foto non sai di cos’è frutto. Di solito dico sempre se vuoi parlare con me di fotografia mi fai vedere il file originale? Vedo troppa roba in giro che mi lascia perplesso ma è un problema che riguarda gli altri e l’altrui coscienza. Io ormai cammino con i paraocchi. Troppa gente, se la senti parlare, è già arrivata già è Maestro, già………….beati loro.
P.P.: Qual è la fotografia perfetta secondo te? Quanto conta la conoscenza tecnica e la sua applicazione sul risultato finale?
F.T.: Non esiste la foto perfetta nel senso che una volta un caro amico, un vecchio fotoreporter, guardando una mia foto mi disse…bella ma non hai fatto ancora niente perchè c’è sempre la prossima da fare dietro l’ angolo. La tecnica? La tecnica nel mio caso è molto semplice…800/1600 asa massima apertura e….basta, anzi no……un pò di luce…grazie.
P.P.: Esistono fotografie sbagliate?
F.T.: No esistono Fotografie da ….difendere.
P.P.: “Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela
un grande piacere fisico e intellettuale. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira
la testa, l’occhio ed il cuore. Fotografare è un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità: è un modo di vivere.” Questa è una citazione dal fotografo Henri Cartier Bresson. La condividi?
F.T.: È un modo di vivere. Quando si ha una passione, vera, quasi una droga e togliere il quasi diventa un modo di vivere. Si assumono altri linguaggi, si assume un altro modo di vedere le cose. Ma vedi però io sono un fotografo ” anomalo ” perchè parto dall’ amore smisurato verso il Jazz e ne sono talmente innamorato che ad un certo punto della mia vita mi sono posto una domanda….ma come posso capire veramente una persona se non vivo esattamente come lui ? Come posso capire le sue difficoltà, le sue apprensioni, i suoi problemi… se domani suonerò, se mangerò, se potrò pagare le bollette ? Posso capirlo solo vivendo come lui e a 50 anni suonati ho mollato tutto. Tutto questo è dettato da esperienza di vita diretta. Dalle tante discussioni avute con tanti musicisti che spesso si confidavano con me e lo fanno ancora oggi.
P.P.: Un altro grande fotografo, Nadar ha detto: “Non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare.” Cosa guardi prima e durante uno scatto?
F.T.: Non guardo, spesso conto le battute, porto il tempo.
P.P.: Credi si possa imparare a fotografare o è un talento innato, una virtù, una qualità dello spirito? Cosa si può imparare e come?
F.T.: Personalmente ti dico quello che è il mio bagaglio culturale. Ho visto tre Mostre nella mia vita. Non ho conoscenza di Storia dell’Arte. Non ho conoscenza della Storia della Fotografia. Non ho conoscenza delle tecniche fotografiche. Ho seguito come allievo due workshop di fotografia di jazz che sono durati in tutto, tutti e due, al massimo un’ora. poi pensai fuori c’è il sole, le donne e la birra ma soprattutto si può fumare. Una noiaaaaaaa mortaleeeeee.
Oggi grazie al digitale è cambiato il modo di fare fotografia o meglio è cambiato quello che prima era ad appannaggio di chi si poteva permettere certe cose. Io faccio una foto vedo nel display….se mi piace vado avanti se non mi piace cancello e la rifaccio. Questo mio semplice modo di pensare ed agire mi ha attirato addosso critiche a non finire perché con questo mio dire ho buttato alle ortiche decenni di tecnica, del sapere di tanti e a questi ” tanti “non fa certo piacere perché cercano disperatamente di riciclarsi attraverso quello che loro chiamano ” Camera Chiara” e cioè Photoshop cercando di convincere, e tanti sono convinti ormai, che sia la post produzione a fare la foto. Che dire… contenti loro.
P.P.: Ci sono grandi fotografi del passato che ti hanno ispirato e, perché no, anche insegnato qualcosa?
F.T.: Di due ho un profondo rispetto il primo Willy Ronis ed il secondo che letteralmente adoro è…Oliviero Toscani, lui per me è un genio. Del primo la ricerca…” degli occhi”. Del secondo la genialità nella semplicità difatti io mi definisco il …fotografo degli scarti e delle banalità. Per il resto ho un grande rispetto per tutti, non ho rispetto per chi oggi nel 2012 si ostina a presentare i grandi del passato come modello da imitare e ti dicono che se non fai le foto così non ti prendiamo neanche in considerazione. E ti ritrovi le solite foto di bambini tristi e denutriti, di periferie squallide, e di ritratti di vecchi che ormai saranno stati fotografati da interi battaglioni di fotografi. E poi penso va bene i vecchi rincoglioniti come me, ma i giovani, i giovani non hanno un loro modo di vedere le cose, nuovo, diverso o sono talmente amalgamati e plagiati che non hanno il coraggio di fare e difendere il proprio operato, sarebbe una tristezza infinita. Quando arrivai nel mondo del Jazz mi guardavano schifato….come il Jazz a colori. Doveva essere rigorosamente in B/N e cioè continuare a tenere in vita dei morti, farne le fotocopie. Ma io sono vivo ed il mio sangue è rosso ed il cielo è blu.