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Hiromi

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Hiromi, 5.0 out of 5 based on 285 ratings

Hiromi

Esile e delicata, pacata e garbata come la tradizione del suo paese richiede, Hiromi è in realtà un moto pluridirezionale di pura energia. Basta vederla seduta al pianoforte e attendere che attacchi a toccare i tasti per percepire quell’eccentrico guizzo del genio che sprigiona ed espande in ampiezza, sia nelle rocambolesche e ardite volate in tempi che definire raddoppiati sarebbe eufemistico, sia nell’emozione dei suoi brani più lenti.

Ma da dove viene Hiromi Uehara? Il luogo in cui è nata 32 anni fa è il Giappone. Inizia a studiare piano a 6 anni, con un’insegnante che la stessa Hiromi indica come punto di origine del suo approccio passionale alla musica, quando racconta : “Quando voleva che suonassi con una certa dinamicità non me lo diceva in termini tecnici. Se il pezzo era passionale lei diceva ‘suonalo rosso’ o se era calmo diceva ‘suonalo blu’. In questo modo suonavo con il cuore e non solo ad orecchio”. Il talento e la precocità di Hiromi sono immediatamente evidenti. Dopo soltanto un anno entra alla Yamaha School of Music e molto presto, praticamente adolescente, si esibisce con delle orchestre.

Inizia quindi con una formazione classica per cambiare poi percorso quando inizia a frequentare il Berklee College of Music di Boston e abbraccia il jazz.

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Qui Hiromi fa conoscenze illustri, decisive nella sua carriera e nel suo percorso di crescita musicale. A 17 anni Chick Corea resta incantato dal suo talento. Il loro incontro è folgorante per Chick Corea che dopo un provino le permette di esibirsi in un suo concerto. Ma alla Berklee Hiromi incontra anche il grande Ahmad Jamal, che diventa subito figura di riferimento e anche produttore del suo primo disco, nel 2003, insieme al bassista Richard Evans. “Another mind” rivela il talento di Hiromi al mondo e le consente di esibirsi nei principali festival jazz internazionali. Già si delinea lo stile Hiromi, che rifugge da etichette e definizioni settarie, ma mostra di assimilare molti lemmi jazzistici di varia natura, dal free alla fusion. Hiromi si esibisce in trio, non solo al piano, spesso alle tastiere, amalgamando suggestioni della musica del suo paese di provenienza, formazione classica e il jazz dei suoi maestri.

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Del 2004 è il suo secondo cd, “Brain”, nel quale la pianista conferma il desiderio di esplorazione di territori musicali che vivono all’insegna della libertà. Se pensiamo alla musica di Hiromi ce la immaginiamo come la musica di una viaggiatrice che osserva e assorbe stimoli da ognuno dei luoghi metaforici o reali in cui si trova a passare, senza mai dimenticare però il luogo di partenza. E quindi nella sua musica c’è tutto l’incanto e lo stupore della scoperta, c’è la nostalgia, c’è la necessità di un movimento costante.

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Una sorta di dualismo risiede stabilmente nella musica di Hiromi. Da una parte un aspetto esibizionistico, le qualità tecniche possedute e sfruttate fino in fondo, in evoluzioni pirotecniche che lasciano senza fiato, che generano quell’ammirazione sincera dell’ascoltatore impressionato. Dall’altro una delicatezza di tocco, un lirismo che a tratti si manifesta anche nelle movenze di Hiromi al piano, nelle espressioni del viso, che rimandano a una sincerità di intenzione non scontata per chi come lei proviene da un luogo dove la cultura musicale non è raro tesoro per pochi. Prendiamo ad esempio questo brano del suo “Spiral”, un disco del 2006. Qui la doppia anima di Hiromi è evidente.

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Dopo “Time control” del 2007 e dopo un disco dedicato agli standard (“Beyond standard” del 2008), Hiromi ci regala un omaggio al suo incontro con Chick Corea, un album a 4 mani intitolato “Duet”, incrocio fra l’esperienza e l’arte di un grande della storia del jazz che ha fatto della contaminazione una delle cifre essenziali della propria ricerca stilistica e la naturale curiosità e facilità di assimilazione della giovane e talentuosa Hiromi.

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Dello stesso anno è “Jazz in the Garden”, con il trio di Stanley Clarke, di cui ci ascoltiamo “Sicilian Blue”, uno dei suoi brani migliori a nostro parere.

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Hiromi ci regala il suo piano solo con “Place to be” (2010), sintesi del variegato linguaggio della pianista, della sua costante ricerca. Così Hiromi ci ha raccontato dove nasce la sua musica (nostra intervista a Hiromi Uehara): “Sinceramente credo che la musica non derivi dalla musica, dalla musica che ascolti. La musica deriva dall’esperienza, ciò che muove il mio cuore. Io non compongo quando ascolto musica. Io scrivo solo quando mi ritrovo davanti qualcosa, qualche persona, paesaggio, situazione, evento che può trasformarsi in musica.”

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Dal caleidoscopico mondo di Hiromi è scaturito anche il suo ultimo lavoro, “Voice” (2011), con composizioni originali della pianista e un omaggio a Beethoven a chiusura del disco. Anche qui un concetto, un’idea, un’intenzione, quella di esprimere quella voce interiore che non trova espressione nelle parole, ma che forse la musica, metalinguaggio che mette in comunicazione le persone, può suggerire.

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Potrete ascoltare Hiromi in concerto in Italia il 27 gennaio al Teatro Bucci di San Giovanni Valdarno e il 28 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Per info sui concerti potete visitare il sito di Kino Music.

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1 commento

  1. Grande hiromi!
    l’ho conosciuta ad umbria jazz di 10 anni fa, apriva il concerto di hanckok, beh…devo dire la verità…dopo di lei mi sono alzato dalla sedia e mi sono spostato, non riuscivo ad ascoltare hanckok che faceva classici (bravo, bello ma troppo poco esplosivo dopo lei)

    🙂

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