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Herbie Hancock con Lisa Dickey, Possibilities. L’autobiografia (2015 Minimum Fax)

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Herbie Hancock con Lisa Dickey, Possibilities. L’autobiografia (2015 Minimum Fax)

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Vulcanico, camaleontico, curioso, eclettico, inarrestabile, dinamico, così pensiamo a Herbie Hancock, uno dei massimi pianisti e compositori del nostro tempo, un artista che ha fatto della sperimentazione e della ricerca di nuove vie il cardine sul quale imperniare una lunghissima storia artistica. All’età di settantacinque anni Herbie Hancock ci regala questa autobiografia raccontata in prima persona e scritta a quattro mani con Lisa Dickey e tradotta per la versione in italiano da Michele Piumini. “Possibilities”, che esce in Italia per il tipi della Minimum Fax, è stato anche il titolo di uno degli album più recenti di Hancock, un’icona della prerogativa hancockiana a non chiudere porte, a lasciare aperta sempre la via della possibilità, in un atto di perpetuo rinnovamento personale che nel tempo ha permesso una creazione artistica non univoca.

La storia di Hancock è la storia di un amore sfrenato per la musica. Sin dal primo approccio, rigorosamente classico, al pianoforte, fino alla scoperta del jazz e dell’improvvisazione, nelle parole di Hancock è palpabile quell’entusiasmo che qualcuno potrebbe definire come sacro fuoco dell’arte e che non va mai scemando. Nel libro si ripercorrono le mille vite musicali del pianista e si tratteggiano i ritratti di alcuni dei protagonisti della scena musicale, non solo jazz, degli ultimi cinquant’anni.

Il sipario si apre proprio sul palco del Miles Davis Quintet a Stoccolma, nella metà degli anni Settanta, durante l’esecuzione di “So What”. Racconta Hancock: “Miles attacca, apre la strada all’assolo, e un attimo prima di scatenarsi fa un respiro. Proprio in quel momento io suono un accordo completamente sbagliato… Miles si ferma per una frazione di secondo, quindi suona delle note che non so come, per miracolo, fanno sembrare giusto il mio accordo.” L’episodio è l’occasione per una riflessione sul jazz, su quanto questo linguaggio richieda l’assunzione di rischi e capacità di adattamento ai cambiamenti. Un modus operandi che diventa in Hancock stile di vita. “Jazz significa essere dentro il momento, in ogni momento. Significa fidarti della tua capacità di reagire al volo. Se ci riesci, non smetterai mai di esplorare e di imparare, nella musica come nella vita.”

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Tra queste pagine ritroviamo tutte le esperienze musicali, di Herbie Hancock, ritratti di artisti come Donald Byrd, Wayne Shorter, Joni Mitchell, ma anche di tecnici del suono che lo hanno accompagnato nella meravigliosa avventura della sperimentazione sonora, cose che oggi sembrano scontate come il sistema midi solo per fare un esempio, ma di cui in qualche modo Hancock ha segnato gli esordi, così come la passione per la scrittura di musica da film e gli incontri con Michelangelo Antonioni per “Blow Up” e Bertrand Tavernier per il film tributo al jazz “Round Midnight”.

Musica e vita si intrecciano nella narrazione e così scopriamo un uomo di grande sensibilità con i suoi slanci e i suoi momenti di debolezza ma sempre in grado di proiettarsi nel futuro con positività. Le pagine dedicate alla dipendenza da droghe sono pagine dolorose la cui scrittura si muove sotto il segno dell’autoconsapevolezza, ma si chiudono con l’ennesima rinascita di questo artista che anche grazie alla pratica del buddismo riesce a fare di ogni caduta un’occasione di rigenerazione e di miglioramento personale.

Un libro da leggere per scoprire e comprendere il processo evolutivo di una mente dedita all’arte, instancabile e in continuo fermento. La chiusa di “Possibilities” è un’icastica apertura al futuro: “Non vedo l’ora di scoprire cosa mi aspetta domani”.

 

 

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