
Enrico Zanisi, Piano Tales (2016 Cam Jazz)

È in piano solo la recente registrazione che Enrico Zanisi realizza per Cam Jazz con il titolo “Piano Tales”. Questi racconti musicali arrivano in un momento in cui molta della comunicazione si attesta come operazione di storytelling, come raffigurazione narrativa di attività, di pensiero, di esperienza personale, spesso purtroppo con la caratteristica di una presuntuosa autoreferenzialità. Lo storytelling di Enrico Zanisi non ha nulla a che vedere con questa tendenza. Gli undici brani di “Piano Tales” corrispondono ad altrettante storie che Zanisi ci narra con delicatezza e discrezione con quel lessico che l’esperienza, lo studio e il talento gli hanno consentito di cesellare disco dopo disco, concerto dopo concerto, e che sempre più ce lo fa apprezzare come artista di grande sincerità.
Qualche anno fa, in occasione di un’intervista, Enrico Zanisi ci aveva descritto il piano solo come “la più grande sfida che un pianista possa affrontare”, come “un gioco che mette a repentaglio tutte quelle certezze che un musicista ha quando si esibisce con altri…”, ma anche come “l’esperienza più divertente, più bella, più entusiasmante”. Se il rapporto tra un artista e il suo strumento è in qualche modo un rapporto antagonistico, un legame di amore-odio, Enrico Zanisi con il suo “Piano Tales” dimostra di aver pienamente vinto questa sfida. Nelle composizioni rifluisce tutto il suo variegato mondo che riesce a contenere formazione classica, jazz, improvvisazione, desiderio di esplorazione.
“Piano Tales” si apre con una “Ouverture” dall’impianto scarno, ma al contempo solenne, di ieratica essenzialità espressiva il cui dinamismo sta in gentili e delicate modulazioni. Una struttura formale dal sapore colto che crea il terreno ideale all’ascolto della successiva “Uma Historia”, rutilante e vorticosa alternanza di immagini sonore di inesauribile ricchezza in cui il pianista-mago estrae meraviglie da un immaginario cappello magico. Il tema iniziale in forma di ostinato permane per tutto il brano mentre Zanisi ci costruisce su delle invenzioni melodiche quasi in forma di variazioni arricchite da una vivace poliritmia che ci spiazza per la naturalezza con cui dinamicamente avvicenda diverse soluzioni.
Ognuno di questi pezzi esprime una delle sfumature che l’anima di Zanisi contiene, un attraversamento di paesaggi dai colori e dai climi diversi: dall’impressionismo sonoro di “Mirage” o “Stairs” alla dolce elegia di “Mà” fino alla sintesi di “Palabras”, in cui il lessico si fa slegato, al limite dell’astrazione, con inattese e liriche aperture di calore, o ancora alle ballad “No Truth” o “Spring Can Really Hang You Up the Most” dall’andamento arioso e cantabile in cui la vena poetica di Enrico Zanisi dà libero corso alla creazione. “Piano Tales” si chiude così come si era aperto, con un brano che attinge materiale a un ambito musicale extra jazzistico. In “O Du Mein Holder Abendstern” il pianista attinge al repertorio wagneriano proponendo la sua visione di una celebre aria del “Tannhauser” confermando quel collegamento imprescindibile nella sua arte tra passato e presente, tra tradizione e modernità, che reca il valore aggiunto di una proiezione costante verso un luminoso futuro.
Non è facile raccontarvi un disco così, sarebbe il racconto di un racconto già perfetto, possiamo invece parlare di quella sensazione di appagamento che solo le cose veramente belle riescono a procurare.
Un preascolto sul sito della Cam Jazz.
Tracklist: 1. Ouverture; 2. Uma Historia; 3. Mirage; 4. Cut It Out; 5. Mà; 6. Palabras; 7.Stairs; 8. No Truth; 9. Morse; 10. Spring Can Really Hang You Up The Most; 11. O Du Mein Holder Abendstern