
La musica del Busoni vola nel mondo con il Glocal Project. Selezionati i 33 finalisti
Intervista a Peter Paul Kainrath
L’emergenza sanitaria in corso sembrava inizialmente aver costretto il mondo della musica ad uno stop, eppure proprio da questa emergenza sono nate risposte molto forti da parte delle istituzioni musicali, occasioni inedite per una riformulazione del modo stesso di fare e fruire musica. Questo è accaduto con alcuni concerti e concorsi e accade anche al Concorso Busoni che ha avviato quest’anno il Glocal Project.
Globale e locale sono le parole chiave per comprendere l’operazione compiuta dai vertici di una delle competizioni pianistiche più importanti a livello internazionale nel rivedere la storica struttura dell’iniziativa. Il momento delle preselezioni del Concorso, spesso ritenuto secondario rispetto alle sue fasi finali, quest’anno si è imposto come momento chiave per ampliare la platea non solo dei partecipanti ma anche degli appassionati che hanno potuto seguirne lo svolgimento, grazie a una formula interamente on line. Una scommessa che ha investito l’universo delle tecnologie digitali andando ad incidere su elementi come la sostenibilità di un concorso e il suo carattere internazionale.
Quasi 100 candidati hanno potuto concorrere da 23 città in tutto il mondo dove, grazie alla collaborazione con Steinway&Sons e ad operatori professionisti nel campo della ripresa audio-video, sono stati allestiti veri e propri studi di registrazione per riprendere le preselezioni. Il successo del GLocal Project ce lo dicono i numeri: 418.000 ad oggi le visite al sito del Concorso Busoni, circa 4.500 sul sito Steinway & Sons, e 60.000 accessi per quanto riguarda la piattaforma cinese www.amadeus.tv, 19.663 i voti espressi dal pubblico.
La giuria costituita da Elmar Weingarten (presidente, Germania), Saleem Ashkar (Israele), Davide Cabassi (Italia), Milana Chernyavska (Ucraina), Michail Lifits (Germania), Staffan Scheja (Svezia) und Minsoo Sohn (Corea del Sud), ha scelto sulla base delle esibizioni la rosa dei candidati che il prossimo anno parteciperanno alle fasi finali a cui si aggiungono i 6 candidati scelti dalla giuria popolare che ha potuto esprimere le sue preferenze in questi giorni e 2 candidati selezionati tra i vincitori di altri concorsi internazionali.
I video delle preselezioni resteranno visibili sul sito della Fondazioni Busoni-Mahler fino a settembre 2021, così come al sito eu.steinway.com, e per il pubblico cinese su www.amadeus.tv, andando così a creare una vetrina per i giovani pianisti che si sfideranno poi alle finali, queste in presenza a Bolzano.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Peter Paul Kainrath, direttore artistico del concorso, per una breve intervista in cui ci ha raccontato la genesi del GLocal Project, i suoi obiettivi, gettando uno sguardo sul futuro.

Paola Parri: Come e perché nasce il Glocal Project?
Peter Paul Kainrath: Generalmente le preselezioni sono un momento del Concorso Busoni che passa un po’ in sordina con il pubblico. Ogni anno assistiamo a un incremento delle candidature. Quest’anno siamo arrivati a 506 iscritti che hanno inviato dei video realizzati a casa che una prima giuria ha selezionato in una prima fase, arrivando poi a 100 candidati circa. A questo punto avrebbero dovuto iniziare le preselezioni vere e proprie con l’arrivo dei candidati a Bolzano. La fase preliminare è importantissima, perché la giuria, ancora prima di decidere chi giungerà alla finale dell’anno prossimo, riesce in questo modo ad avere un panorama il più polifonico e interessante possibile di tutto il mondo.
Dunque, nell’impossibilità di far ricorso al tradizionale metodo di selezione, quest’anno abbiamo comunque pensato che sarebbe stato opportuno sfruttare questa grande possibilità, rendere fruibile questa internazionalità. Non accade più che il mondo arrivi a Bolzano, ma è Bolzano ad andare nel mondo e grazie alla collaborazione con Steinway&Sons abbiamo lavorato in queste 23 città in giro per il mondo. Se avessimo potuto avere pubblico sarebbero stati 23 piccoli concerti, ma purtroppo in quel momento non era possibile. A Sidney avevamo un solo candidato, ad Amburgo una ventina.
Abbiamo quindi ingaggiato 23 studio recording coordinati tutti da Bolzano per le indicazioni sul tipo di camera, microfoni e impostazioni generali da dare ai video per garantire una comparabilità tra le perfomances ed è stata una incredibile esperienza non solo per i candidati, che non hanno dovuto lasciare il loro territorio nazionale, ma anche per noi stessi. Inoltre abbiamo aperto la votazione per una piccola quota al pubblico globale, quindi 22.500 persone si sono registrate e hanno votato il loro candidato preferito. Da questa quota poi abbiamo tirato fuori altri 6 candidati che verranno a Bolzano. Credo che questo sia un elemento molto importante, è un’apertura che getta un ponte verso il grande pubblico.
Inoltre questi video sono on line e si è creata come una grande vetrina che sarà online per tutti e 10 i mesi che ci separano dalla finale e dunque anche chi non è stato selezionato rimane presente in questa vetrina, cosa che ritengo un valore aggiunto per questi pianisti, perché la qualità è ottima e facciamo un grande lavoro di comunicazione. Attendiamo dunque la finale del 2021 che ci auguriamo sarà in presenza qui a Bolzano. Ci auguriamo davvero che la situazione per quel momento sarà rientrata o che sia comunque iniziata quella “nuova normalità” di cui molti parlano. Di fatto questa iniziativa digitale ha reso il Concorso Busoni ancora più internazionale nel senso che questo ragionare in rete non è più portare tutti a Bolzano ma noi come team da Bolzano entriamo in dinamiche che ci fanno muovere in tutto il mondo e questo credo sia molto interessante anche per la cosiddetta nuova normalità. Questo formato ha al suo interno anche un elemento di sostenibilità, limitando i viaggi che tutti farebbero verso Bolzano. I candidati rimangono invece più o meno dove sono e noi siamo capaci, con le nuove tecnologie di comunicazione, di organizzare, di entusiasmare anche da remoto.
P.P.: Nel 2021 i finalisti si sfideranno speriamo in teatro, live, di fronte ad un pubblico reale. Ritiene che comunque le piattaforme digitali possano costituire una risorsa in più, qualcosa da integrare in maniera stabile, da affiancare agli eventi dal vivo?
P.P.K.: Assolutamente sì, perché nel nostro caso hanno permesso tutta un’altra presenza del Concorso di Busoni e di questo nostro impegno per promuovere i giovani e anzi da questo può nascere, in luogo di una preselezione che passa sempre un po’ in sordina, una prima parte del concorso che funzioni come una grande piattaforma aperta per cento pianisti con cui noi potremo organizzare dei piccoli festival, dei concerti in giro per il mondo, e da lì una giuria farà poi le sue scelte. Allora da lì il Concorso cambia anche identità, perché non è più una corsa artistica tutta in salita, ma un grandissimo festival dislocato dove la giuria osserva, ascolta, giudica e si scelgono i candidati da invitare al concorso.
P.P.: Il format on line offre senza dubbio a un numero maggiore di appassionati l’occasione di seguire integralmente il concorso, ma passiamo al versante concorrenti. Il video che hanno realizzato per le preselezioni è un formato chiuso che in un certo senso può portare a perdere quella tensione che precede il concerto, quell’ansia da prestazione. L’assenza di un pubblico in carne e ossa secondo lei come incide sulla performance?
P.K.: Un pianista interagisce con l’acustica, con la sala, con l’atmosfera, con l’attenzione, per questo io stesso non credo ai concorsi on line. Il Concorso Busoni non è un concorso on line, però è composto da 6 fasi e io credo che le prime due possano benissimo sfruttare al meglio questo elemento di audio – video. Abbiamo sentito qualche candidato e la concentrazione e la sensazione comunque rimane quella che si prova avendo una sola chance, perché nessuno poteva registrare due volte il suo pezzo, era proprio come se si trovasse davanti a un pubblico che non era là a tre metri, ma magari a 5000 km dove si trovava il giurato. Non credo che questo sia un fattore negativo, è solo diverso e questa diversità in un grande concorso non nuoce per niente, anzi aggiunge qualcosa.
P.P.: Il mondo della musica classica probabilmente sta cambiando. In che modo a suo parere potrà evolversi il mondo della musica attraverso queste nuove tecnologie? Potranno queste rappresentare un’alternativa?
P.P.K.: Penso che la musica classica sia di una tale complessità e richieda una tale qualità di ascolto che tutto inizia dalla fine, cioè proprio da quel grande pubblico che si vuole raggiungere. Finché le persone a casa fruiranno della grande musica con un laptop magari non in ottime condizioni o con un cellulare la musica non li potrà toccare e raggiungere, e queste nuove tecnologie non rappresenteranno mai un’alternativa. Se ci fosse un grande upgrade tecnologico per tanti ascoltatori allora potrebbe crearsi un’alternativa. Pensiamo ai film musicali. Chi aveva un bel televisore a casa poteva davvero fruirne la bellezza, chi aveva un apparecchio scadente non aveva la stessa resa.
Il mondo musicale lo vedo diviso in tre parti. Ci sono le superstar, che tutti conosciamo, poi c’è una importantissima parte intermedia composta da persone che hanno scelto questo mestiere, musicisti serissimi che sono spesso legati a mercati musicali territoriali e nazionali, e infine quelli che vogliono entrare. Per questi ultimi io vedo una grande opportunità nelle nuove tecnologie per farsi avanti con le loro idee e la loro creatività.