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Concetti di Biomeccanica pianistica – Introduzione al Vol.2 Esercizi di Liszt

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Ciao! Riprendiamo oggi con il  Tiziano Poli gli appuntamenti dedicati agli studi e agli Esercizi di Liszt in funzione della biomeccanica. Nel video precedente è stato fatto un piccolo excursus su quali fossero le metodologie biomeccaniche alla base di questi esercizi e quali indicazioni poter determinare per superare le difficoltà che gli esercizi impongono.

Questi sono esercizi molto particolari, perché Franz Liszt non si è limitato (come abbiamo visto nel video precedente) a fare una serie di formule più o meno obnubilanti al quale il pianista viene sottoposto, ma ha ideato una strategia che utilizza:

  • modulazioni
  • tonalità
  • ritmica
  • dinamica

Tutto questo affinché il pianista, nel fare gli esercizi, non incorresse in quella sorta di alienazione che spesso provocano questi esercizi.

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Se noi pensiamo alle raccolte di studi o di esercizi scritti fino a quel periodo, come i libri di Pischna, o Hanon, sono fortemente alienanti protratti nel tempo, nonché fortemente irritanti dal punto di vista muscolare, se il tasto non viene abbassato secondo dei criteri biomeccanici e rispettosi della natura del pianoforte stesso.

Conoscere le leve per suonare il pianoforte

Innanzitutto, quando ci poniamo di fronte a questo tipo di esercizi (o, comunque, di fronte al pianoforte in generale), sarebbe opportuno conoscere il tipo di leve che andiamo ad applicare.

Sicuramente hai già sentito parlare della tecnica del peso o tecnica del rilassamento, ma parlare solo di peso e rilassamento non ha molta relazione con la musica e con lo sviluppo della tecnica nel senso di facilità nel controllo del tasto.

Cos’è la tecnica pianistica

La tecnica va vista come capacità di muovere il tasto alla dinamica che il pianista richiede, affinché con una certa velocità noi possiamo influenzare il tipo di suono.

I fattori sui quali il pianista interviene, sono alla fine molto pochi:

  • quando inizia il suono
  • che intensità deve avere il suono
  • quando interrompere il suono

Per ognuna di queste variabili la didattica pianistica si è inventata diverse metodologie, fin quando si è iniziato a parlare di rilassamento e di peso. Anche questi due criteri, da soli, non sono abbastanza, io preferisco parlare, per le ricerche che ho fatto e per quello che ho capito di biomeccanica, di leve.

Con le leve noi possiamo studiare i moti su tutto il globo terracqueo. L’uomo si muove indipendentemente da quanto pesi e indipendentemente da quanto sia rilassato (va sottolineato, però, che uno sforzo protratto nel tempo, se non è fatto nel modo opportuno, può generare problemi).

Un attacco del tasto al pianoforte non rispettoso del sistema meccanico limita il pianista in un modo che definirei addirittura pericoloso.

Nel primo volume si ha a che fare con esercizi che Liszt concepisce a note tenute, in cui vengono tenuti dei tasti e viene mosso un dito alla volta. Questo tipo di esercizio se non viene eseguito con attenzione può essere uno di quegli esercizi che causano epicondiliti o infiammazioni anche più gravi.

Esempio pratico

Se mi posiziono sulla tastiera tenendo le cinque dita appoggiate ai tasti e contemporaneamente (e involontariamente) esercito una pressione su tasto e questo sforzo lo unisco al fatto di voler muovere il dito, col passare del tempo avrò sicuramente dei problemi.

Cos’ha ideato Liszt per evitare questo? All’inizio di questi esercizi ha scritto un’indicazione dinamica fondamentale PP (pianissimo), che è come dire di appoggiarsi piano e che è necessario il minimo sforzo per muovere il tasto. Crescendo la capacità del pianista di dominare questo movimento, viene richiesto anche l’aumento della dinamica, con un accento ogni 3 suoni, ogni 4, in modo che il dito cominci a sviluppare un’autonomia maggiore.

Fermiamoci un momento a vedere la cosa secondo il suddetto sistema di leve:

Guarda com’è fatta la tua mano, il dito comincia a muoversi al livello del metacarpo (nocca), da questo, scendendo in direzione del busto, tutti i movimenti saranno accessori delle dita, quindi:

  • Se voglio fare un movimento del dito e contemporaneamente schiaccio col palmo della mano verso il basso, il polso tenderà a produrre una piccola reazione verso l’alto (che corrisponde anche a un suono molto violento);
  • Se invece limito l’azione al metacarpo, per quanto io mi sforzi di dare un impulso forte, il polso non produrrà reazioni.

Approfondendo la leva di cui abbiamo appena parlato, il dito, vediamo che è composta da tre piccole articolazioni che possono muoversi in diversi modi:

  • Chiudendosi tutte, contemporaneamente, verso il palmo della mano
  • Le prime due, possono scendere in verticale, come se tracciassi un sentiero perpendicolare ai tasti con la punta del dito, mentre la terza falange tenderà a disegnare un’azione prensile

Due azioni molto diverse che acusticamente daranno risultati diversi:

  • nel primo caso le dita disegnano un movimento in chiusura. Possiamo definire questo movimento leva in flessione/in prensilità, dando come risultato una sonorità più pastosa e più legata, lunga. Questo tipo di leva può essere definita di reazione del metacarpo
  • nel secondo caso le dita arrivano sul tasto con un movimento perpendicolare. Possiamo definire questo movimento leva in verticalità, dando come risultato una sonorità più brillante, agile, corta. Questo tipo di leva può essere definita diretta del metacarpo

Leva del palmo

Molto utile per rendere agibili certi movimenti, ad esempio nel caso in cui l’ultima falange, che si trova sul fondo del tasto in verticale, viene abbassata dal movimento del palmo, che, con una buona coordinazione con il braccio, permette di superare le difficoltà muscolari in cui si incorrerebbe in scritture complesse (come ad esempio le doppie note) e lunghe.

Un’altra caratteristica del palmo potrebbe essere quella delle famose ottave di polso, in cui le dita sono fisse e il palmo oscilla dal basso verso l’alto (si crea una sorta di rimbalzo, creando un’alternanza di suoni che non crea affaticamento).

Leva dell’avambraccio

Faccio ora un piccolo e doveroso accenno anche all’avambraccio che possiamo definire leva al contrario. In questo tipo di movimento, il dito chiude verso il centro, il palmo fa la stessa cosa, ma l’avambraccio fa un movimento al contrario, fa una leva in estensione, per compensare il quale è necessario che l’omero si metta in azione. Quindi: il dito va sul fondo del tasto, il palmo si alza, l’omero asseconda il movimento di quest’ultimo tornando indietro.

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Sono un pianista a tempo pieno, laureato a pieni voti all'ISSM "G.Puccini" di Gallarate. Adoro condividere le mie esperienze musicali sul web con articoli e video. Insegno pianoforte a coloro che intendono cominciare questa fantastica avventura.

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