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Come prepararsi per una esecuzione in pubblico

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Maurizio Pollini all’opera

Molti di voi mi hanno contattato chiedendomi consigli, spesso per l’imminente saggio di fine anno.

La paura e l’ansia sono al primo posto nelle vostre preoccupazioni. Come fare per essere tranquilli e fare un saggio dignitoso? Ma sopratutto, come prepararsi al meglio per questo avvenimento?

Ecco partirei proprio da questa ultima domanda perchè ritengo che sia essenziale, per proporre qualcosa ad un pubblico, fare una buona preparazione. Per buona preparazione intendo il lavoro quotidiano che ogni buon pianista dovrebbe fare: ore e ore  (anche poche ore ma fatte bene) dedicate al pianoforte, uno studio lento, dettagliato, particolare. Basta pensare che pianisti famosi si allenano su un singolo brano per mesi, e per alcune opere persino per anni. Certo loro ricercano le sfumature, il tocco perfetto. Non vogliamo paragonarci a chi lo fa di professione, ma tutto deve scorrere liscio, senza intoppi. L’unica maniera per raggiungere questo scopo è lo studio.

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Glenn Gould

Potete consultare questo post (https://pianosolo.it/2009/05/12/ottimizza-lo-studio-del-pianoforte-alcuni-punti-per-imparare-piu-rapidamente-un-pezzo/) per capire le linee guida per lo studio di un pezzo, ottimizzando sforzi e risultati.

Il vostro obiettivo è raggiungere una grandissima padronanza e sicurezza nel pezzo. Se fate anche un solo errore da soli non avrete chanche di presentarlo correttamente al pubblico.

Possiamo paragonare una esecuzione corretta ad un valore del 100%. Va precisato però che il valore di conoscenza vale esclusivamente in una situazione di tranquillità.

Sotto tensione le vostre capacità si ridurranno di parecchio ed il rischio di commettere errori sarà più alto. L’emozione (si sa gioca brutti scherzi) rappresenta un vero fattore negativo, ovvero un valore variabile e soggettivo che può incidere da uno 0% ad un valore X% negativo (per esempio potremmo supporre che un timidissimo riceva un -30%) che va sottratto a quello della vostra conoscenza del pezzo.

Quello che dovete fare è quindi studiare il brano nelle sue piu piccole parti e tentare, con pazienza e accuratezza, di superare il limite. Come Goku quando si trasforma in super sayan per darvi un’idea (purtroppo mio fratello di 30anni ancora guarda i cartoni animati e mi contagia).

Quindi se non basta un 100%, dovrete raggiungere il 150%, conoscere così bene il nemico da prevederlo in ogni sua mossa.

E già questo è un buon passo. Bisognerebbe aggiungere alla conoscenza l’autocontrollo e la giusta sicurezza di sè.

Ma cosa possiamo fare per non (letteralmente) cagarci addosso? Elencherò alcuni punti da seguire per migliorare proprio tali capacità:

1) Se avete studiato non avete nessun motivo per preoccuparvi. La memoria, mentale, meccanica e fisica, potrebbe innescare degli automatismi tali che suonerete senza pensare, ottimo nei momenti di panico. È proprio il motivo per cui molti pianisti, quando ripetono dei passaggi semplici possono rilassarsi al punto tale da addormentarsi. È successo al mio maestro di pianoforte, che giunto all’ennesimo concerto, si è addormentato su un solo (rendetevi conto).

2) Respirate profondamente. Rilassatevi il più possibile. Non pensate a ciò che state per fare, ma abbandonatevi all’ascolto di chi vi precede. Vi accorgerete che la musica classica è un ottimo strumento per il training autogeno e che nessuno è così perfetto.

3) Credete in voi… come afferma Christian in un suo post l’autostima è la parola chiave. Chopin disse: “convincetevi di suonare bene e suonerete bene.”

4) Raggiungere la concetrazione poco prima di partire. Un’ottima strategia è quella di canticchiarsi la melodia del tema nella nostra testa e partire seguendo le indicazioni mentali che vi siete posti. Ne beneficerà il tempo di esecuzione, così come l’intensità, il tocco ed il fraseggio nelle prime battute (che sono sempre le più ostiche come quelle conclusive).

5) Allenatevi a suonare di fronte agli altri: babbo, mamma, nonna ed amici. vedrete che non sarà come suonare da soli.

6) Se commetterete un errore, non sbuffate. Qualcuno con un orecchio meno allenato di noi potrebbe non accorgersi della differenza. L’importante è continuare e fare finta di niente.

7) Sfogate il nervosismo in eccesso facendo una scazzottata tra amici, facendo all’amore con la vostra partner o guardando la trilogia del signore degli anelli.

Questi consigli compreso l’ultimo possono funzionare o meno, cambiano da persona a persona. C’è chi sfrutta il nervosismo come benzina per rendere al top, e invece chi subisce un ulteriore calo prestazionale.

L’importante è prepararsi al meglio e cercare di conoscere noi stessi. Grazie al riconoscimento e superamento dei nostri limiti, affiancati da uno studio passionale, continuo e meticoloso, potremo sicuramente migliorare.

Se qualcuno di voi vuole aggiungere qualcosa potete farlo con un commento. Grazie mille!

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6 COMMENTI

  1. Innanzi tutto grazie Giulio per gli spunti interessanti del tuo post. Io ho letto per intero il libro di Chang e il fatto della memorizzazione, di cui avete già parlato, non è che uno dei punti su cui insiste. Gli “insiemi paralleli”, ad esempio sono ripetizioni veloci di un gruppo di pochissime note: spesso,egli afferma, sono solo alcuni passaggi di poche note (da due a una decina) che legano le mani in un pezzo, e ci si deve concentrare primariamente su questi. Parla poi del “miglioramento post studio” come la facoltà del nostro sistema di apprendimento di metabolizzare ciò che si è studiato nelle ore successive alla sessione di studio; insegna quindi a trarre concreti benefici da questa facoltà. Altro punto su cui insiste è l’inutilità e la potenziale dannosità degli esercizi Hanon e della filosofia di “ripetizione meccanica” che li sostiene. Chang afferma, certo non inventando niente, che la tecnica si impara veramente bene solo attraverso la musica: già le invenzioni di Bach contengono molta più tecnica degli esercizi di Hanon, e il loro studio ti dà la soddisfazione di aver studiato davvero dei pezzi invece che aver perso un’ora del proprio tempo in esercizi tranquillamente evitabili. Personalmente, pur con un ottimo insegnante alle spalle, ho tratto grandi benefici dagli spunti di questo libro, e tutt’ora ne leggo alcune parti prima di cominciare a studiare. Lo consiglio a tutti, e scusate per l’eccessiva lunghezza del mio post!
    Lorenzo

  2. Ciao Giulio,
    esatto è così.
    per chi è interessato nello specifico ho trovato questa pagina sembra che ci siano alcune parti del libro tradotte, quelle relative alla memorizzazione, da quel che ho potuto vedere, ci sono tutte:
    http://web.tiscali.it/pianobook/

    Spero di non creare problemi nel mettere il link, nel qual caso, amministratore… toglilo pure.
    Grazie.

  3. Ho letto di recente i fondamenti dello studio del pianoforte di Chuan C. Chang, qualcuno di voi lo conosce? Direi che la sua “filosofia” può ridursi alla fine ad un apprendimento mmnemonico della partitura, apprendimento che deve avvenire ancora prima di aver mettersi a suonare il pezzo.
    Cosa ne pensate?

    • Ciao, ho letto qualche capitolo del libro e non ho potuto farmi un idea chiara sul suo metodo di studio, però posso confermare che la memoria è IMPORTANTISSIMA.
      Se non ricordo male, proprio nel libro CHuan consigliava dei metodi per apprendere più velocemente un brano dal punto di vista mnemonico. Cioè quello di impararli a memoria nelle prime fasi di approccio allo spartito. In questo modo, ancor prima di impararlo tecnicamente, lo si assimilava mnemonicamente… Giusto?

    • ciao Cristian vorrei prendere il libro I SEGRETI DELLO STUDIO DEL PIANOFORTE posso avere delle informazioni . Grazie

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