
La città incantata (dal pianoforte). Piano City Milano
Si è chiusa ieri la terza edizione di Piano City Milano, non solo una grande kermesse che ha messo in scena oltre 300 concerti in tutta la città, ma un evento a forte impatto sociale. I numeri diffusi dall’Ufficio Stampa della manifestazione parlano chiaro: 60.000 persone, 320 concerti, 200 pianisti coinvolti, 300 ore di musica, 500.000 persone raggiunte con Facebook
250.000 persone raggiunte con Twitter. Come Media Partner abbiamo assistito a molti di questi concerti in giro per una Milano invasa dalla musica e abbiamo visto migliaia di persone in movimento, fare file, attendere pazientemente di entrare, raccogliersi in silenzio solo per ascoltare un pianoforte. A vincere in questa operazione culturale è senza dubbio la musica che si conferma come bisogno primario, come momento di aggregazione sociale indispensabile, come valore aggiunto nelle esistenze individuali. Pianisti, studenti, semplici appassionati, persone in cerca di bellezza hanno costituito il numeroso ed eterogeneo pubblico di Piano City Milano che ha letteralmente riempito parchi, case, cortili.

Nessun limite di genere musicale, nessuna barriera fra pubblico e palcoscenico in queste locations suggestive: luoghi pubblici e privati che hanno goduto di rinnovata vitalità e di un diverso significato grazie alla musica, spazi che per l’occasione si sono trasformati in luoghi di ricerca e condivisione. L’apertura del festival, affidata alla composizione di Ludovico Einaudi “Le Piano Africain” per 6 pianoforti, 2 marimbe e 4 balafon, composta ad hoc per Piano City Milano, si è svolta al Parco Sempione al tramonto alla presenza di un pubblico attento e gioioso al tempo stesso.
Sul main stage del Piano Center, nei Giardini di Villa Reale alla Gam, sabato sera abbiamo assistito a una perfomance internazionale. Ad aprire la serata la pianista turca AyseDeniz Gokcin con “Pink Floyd Classical Concept”, una rilettura dei successi dello storico gruppo britannico all’insegna del pianismo classico. Su un pianoforte preparato l’artista, di formazione musicale classica, si è mossa con disinvoltura fra brani come “The Wall” e “I Wish You Were Here” e l’”Andante spianato et grande polonaise brillante” di Chopin, in una libera comunicazione fra generi all’insegna dell’unicità della musica.
A seguire l’artista israeliano Yaron Herman, pianista jazz di chiara fama, che ha proposto un piano solo con alcuni dei suoi arrangiamenti di brani dei Radiohead (No surprises) e dei Nirvana (Heart Shaped Box) o brani dal suo cd in piano solo “Variations”. Non sono mancati episodi improvvisativi con forte coinvolgimento del pubblico.
A chiudere il sabato di Piano City Milano il pianista cubano Omar Sosa con il suo recente lavoro in piano solo “Senses”, improvvisazione nel solco della libertà espressiva, un simbolo di comunicazione universale che ha stregato il pubblico. Omar Sosa è la musica tutta, non è un solo linguaggio, bensì tutti i linguaggi del mondo. Le sue origini cubane pervadono la sua musica ma si mescolano a suggestioni eterogenee. Nella musica che abbiamo ascoltato c’è tutta la generosità, il desiderio di apertura e condivisione che Omar Sosa rappresenta.

Fra gli eventi pomeridiani abbiamo assistito a due concerti in cui il piano solo è stato massimamente valorizzato dai protagonisti: il francese Thomas Encho e il nostro Cesare Picco.
Thomas Encho, pianista e violinista, ha suonato nello splendido spazio delle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala, opera d’arte fra opere d’arte, spaziando fra standard jazz e composizioni originali, con una levità, una grazia e una naturalezza che hanno evidenziato una decisa abilità lirico-espressiva.

Cesare Picco si è seduto al pianoforte domenica nel Cortile della Casa degli Atellani, a presentare il suo ultimo lavoro discografico “Secret forest”. Il pubblico era riunito intorno al pianoforte, una sorta di cerchio magico dal quale non si può non uscire si trasformati. Fra composizione e improvvisazione il piano solo di Cesare Picco ci fa pensare a una poetica della profondità, a qualcosa di viscerale che urge per esprimersi e quando finalmente lo fa ci segna. Come quelle parole universali che abbiamo spesso pensato ma che diventano reali solo quando sono pronunciate. A pronunciarle è Cesare Picco, in un’alternanza di idee melodiche morbide e delicate e momenti in cui il pianoforte ritrova la sua prerogativa di strumento ritmico-percussivo.

Sempre domenica assistiamo alla performance di Claudio Filippini, esponente di spicco del nostro jazz migliore, con un’altra perla in piano solo: il suo “Breathing in Unison”. Ancora la tenerezza, ancora quella capacità del pianoforte di raccontare storie commuovendoci, muovendo quella parte di noi dedicata alle emozioni. Nella Sala da Ballo della Gam Claudio Filippini ha eseguito brani originali e standard come “Embraceable You” o “Caravan”.

Il main stage di chiusura domenica sera è stato un susseguirsi di emozioni, dall’apertura con il jazzista Giovanni Guidi, alla performance di Paolo Jannacci (già protagonista in questa edizione di Piano City della straordinaria esibizione sulla Torre Branca) al gran finale con Raphael Gualazzi che con il consueto humour e fra brani stride e originali ha coinvolto il pubblico in una sorta di festa collettiva.
A vincere è stata decisamente la musica, come dicevamo. La massiccia presenza di un pubblico entusiasta ha confermato che c’è ancora bisogno di questo linguaggio, di questa forma d’arte, che la decisione di andare a sedersi su un prato per ascoltare un concerto è in realtà la ricerca di quella bellezza che troppo spesso dimentichiamo o non vediamo, una ricerca di gioia e autenticità. Un applauso dunque a Piano City Milano per questa capacità di diffondere amore e interesse per la musica oltre l’evento stesso. Un occhio ai #10 Pianos Street alla Gam e allo stuolo di persone raccolte intorno a quegli strumenti colorati rende bene l’idea del multiforme significato della parola pianoforte e del concetto del far musica.
Infine abbiamo intervistato il pubblico di Piano City Milano 2014 gli altri protagonisti della manifestazione.

Una sola parola: M E R A V I G L I O S O !
Inoltre gli House Concert sono una figata pazzesca!!!
All’anno prossimo, ciao.
Roberto.
All’anno prossimo Roberto! 🙂