
Aldo Ciccolini
Il 1 febbraio è scomparso Aldo Ciccolini. Se ne è andato quasi in punta di piedi, lontano dall’assordante clamore mediatico della nostra quotidianità.
In un momento in cui i riflettori troppo spesso si accendono sul vuoto di contenuti, sull’arido scenario di paesaggi, personaggi, figure di superficie, noi amiamo quel buio rispettoso che avvolge le sembianze della grandezza e questa vuole essere solo una piccola luce che accendiamo timidamente per ricordare la grandezza di Aldo Ciccolini.
Grandezza è parola vaga che può arrivare a contenere accezioni indefinite e infinite, ma quando ascoltavi Aldo Ciccolini arrivavi ad averne nitida definizione.

La sua grandezza non la percepivi per manifestazione esteriore, stava piuttosto nella sua musica sì, come naturale per un artista, ma anche in ogni parola che pronunciava alla quale sottostava un pensiero chiaro e coerente. Sotto un’apparente pacatezza di modi ardeva il fuoco sacro dell’arte, vigoroso, brulicante, perenne, tutto riflesso nella luminosità dello sguardo e in una gestualità che esprimeva energica decisione.
Il nostro incontro, avvenuto nell’ottobre del 2012 a Firenze, in occasione di un concerto al Teatro della Pergola, ha profondamente modificato il nostro modo di pensare alla musica.
Sobrietà, rigore, devozione, amore sono le parole che ci sentiamo di associare al rapporto di Aldo Ciccolini con la musica e che rappresentano a nostro avviso l’eredità morale che questo artista lascia al mondo musicale intero.

Alieno a qualunque funambolismo, ostile al concetto di virtuosismo fine a se stesso, indifferente all’idea della musica come esaltazione dell’ego del musicista, Aldo Ciccolini ha vissuto nella e per la musica percependola come una missione, dunque con spirito di servizio, instancabile studioso e audace precorritore nell’esplorazione di territori musicali desueti. Grazie a lui conosciamo molto del repertorio francese e l’opera di compositori non frequentati.

“Suonare deve essere un atto di amore. Non si può suonare per farsi belli, per dire “guardate quanto sono bravo”… bisogna suonare con amore, con umiltà… io mi considero un servitore di un ideale…”
“Il pianoforte è un’entità davanti alla quale ti metti veramente, moralmente, in ginocchio…“(Intervista ad Aldo Ciccolini di Pianosolo.it , 12/10/2012)
Riascoltando l’immensa discografia di Aldo Ciccolini riconosciamo questo rigore che associato a una concezione della sacralità del testo musicale, dell’inviolabilità della partitura, ci si rappresenta nella luminosa chiarezza delle sue interpretazioni. È lo stesso Ciccolini a parlarne nel bellissimo libro di Dario Candela, “Conversazioni con Aldo Ciccolini” (Edizioni Curci, 2012).
“… noi interpreti invece creiamo proprio niente, noi ricreiamo, o meglio, è come se leggessimo un testo ad alta voce cercandone il senso, e il testo che abbiamo a disposizione io lo considero come un testo sacro. “ (D. Candela, op. cit., pag.28).
La generosità di Aldo Ciccolini si è palesata anche nel dono più significativo che potesse offrire a tanti giovani, la trasmissione del suo sapere attraverso l’insegnamento, un’attività che ha esercitato con quella caratteristica ricorrente in tutta la sua persona: l’amore. Nei giorni successivi alla sua scomparsa sono stati moltissimi gli allievi che hanno voluto testimoniare con commozione l’importanza del lascito del Maestro, artisti ormai affermati che preservano questo inestimabile tesoro con devozione.
Ciccolini definiva l’insegnamento una forma di paternità (D.Candela, op.cit.) e c’è un passaggio significativo di “Conversazioni con Aldo Ciccolini” che ci illumina su questo argomento: “Forse non si tratta tanto di trasmettere il proprio sapere. Credo che il compito principale di un maestro sia quello di insegnare a un allievo a insegnare a se stesso, di diventare maestro di se stesso… Dunque si tratta di fornire gli strumenti per la ricerca artistica di se stessi…”. E ancora: “Voglio che ciascuno di voi suoni come desidera, in questo vi voglio aiutare. E non è necessario che io sia totalmente d’accordo con voi perché so riconoscere quando una esecuzione ha degli argomenti in regola e, per quanto io possa fare scelte diverse, se la persona che suona mi convince, ha ragione.” (D.Candela, op.cit., pag.87).

La stessa generosità Aldo Ciccolini l’ha dispensata nel rapporto con il suo pubblico, un rapporto fondato sulla straordinaria convergenza, nel momento musicale, delle sensibilità individuali che proprio la musica rende collettive, dando vita a quel processo di empatia che in una sola parola può dirsi umanità.
“Ci sono punti di convergenza fra noi e il pubblico, dovuti alla quotidianità. Qualsiasi essere umano deve affrontare una quotidianità. Può essere molto piacevole, può essere molto penosa. Anche un artista è sottoposto alla medesima legge. Dunque l’artista non fa altro che raccontare la propria storia e naturalmente il pubblico a volte si riconosce. Il pubblico non sa cosa raccontiamo, ma ci sono dei punti di convergenza.”(Intervista ad Aldo Ciccolini di Pianosolo.it del 12/10/2012)
E il pubblico di Aldo Ciccolini siamo certi che continuerà ad essere grato al Maestro per il dono della musica, perché ogni cosa, quando diventa ragione di vita, missione, fine sublime di un’esistenza, travalica il limite del mestiere e persino dell’arte e va a scolpirsi, con tratto marcato, nella sostanza della persona stessa e quindi arte e vita sono alla fine una sola cosa. Aldo Ciccolini ci ha donato davvero se stesso.

Potremmo racchiudere un’intera esistenza in due frasi a significarne il senso ultimo, la prima tratta da “Conversazioni con Aldo Ciccolini” e relativa alla sua infanzia che recita: “Avevo cinque anni e in ogni istante il mio bisogno di musica già mi riempiva la vita.”, la seconda invece pronunciata in nostra presenza solo 3 anni fa: “Io non sono niente. Il mio nome un giorno sarà completamente dimenticato, perché tutti noi passiamo, però la musica deve sopravvivere. Ed è questo che conta.”(Intervista ad Aldo Ciccolini di Pianosolo.it del 12/10/2012)
Aldo Ciccolini è la Musica e quindi il suo nome non passerà.